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Boscotrecase è al collasso: «Qui inizia a mancare tutto»
CRONACA
20 marzo 2020
Boscotrecase è al collasso: «Qui inizia a mancare tutto»
Vincenzo Lamberti

Sotto la mascherina trasparente che respira per lui c’è il volto di un uomo anziano con lo sguardo stremato. Apre gli occhi solo per scrutare l’orizzonte che si apre ai piedi del lettino. Al suo fianco ci sono altre due persone nelle stessa situazione. Altri tre sono sottoposti alla ventilazione assistita alternata. E fuori ci sono ancora dodici pazienti fermi in emergenza. Davanti a loro sei persone, quattro infermieri e due medici che provano a fare quello che possono.

Vestendo tute non a norma, che si slabbrano spesso, e provando ad aiutare i pazienti come hanno sempre fatto. Sono le immagini che arrivano dal fronte della guerra al Coronavirus. Siamo a Boscotrecase nell’ospedale che da 72 ore è diventato il presidio anti-Covid della provincia di Napoli. Il terzo giorno in quel campo di battaglia è ancora scandito dalle emergenze. Le voci di dentro raccontano dei tentativi di organizzazione, delle speranze e dei tanti problemi che ancora vanno risolti. Ora dopo ora il pronto soccorso si affolla di persone. In emergenza sono ferme dodici pazienti. Mentre dentro ci sono quelli che fanno fatica a respirare.

Gli altri malati, o contagiati, sono sui letti. Alcuni sono positivi a quel virus invisibile che ammazza più di un terremoto. Altri aspettano con ansia l’esito del tampone. «Sono persone che in momenti come questo – raccontano alcuni familiari dei pazienti – sembrano perdere anche la loro dignità. Fanno i loro bisogni in un pitale che tengono vicino. Non possono alzarsi e andare in bagno. L’altro giorno un’infermiera ha dovuto anche aiutare uno di loro a mangiare. Era talmente debilitato che non riusciva a tenere in mano il cucchiaio». Nella trincea anti-Covid ci sono 4 infermieri che sono presenti per ogni turno e due i medici. Di questi due, però, nessun esperto in malattie polmonari. Operano con tute che non sono a norma, che si possono strappare a ogni movimento azzardato.

Rischiano di passare, da un momento all’altro, dall’altra parte della barricata: quella dei malati. L’accordo con l’Asl prevedeva che in pronto soccorso i pazienti avrebbero dovuto sostare il meno possibile. Un altro dei patti, che al momento, non è stato mantenuto. Intanto, ieri, è stato anche riorganizzato il personale interno. Gli operatori socio sanitari e gli infermieri di chirurgia andranno da supporto al blocco operatorio, il personale di pediatria e otorinolaringoiatria andranno di supporto all’Utic e quelli di ortopedia e medicina andranno, invece, al pronto soccorso.

Una corsa contro il tempo che infermieri, medici e operatori socio-sanitari continuano a combattere senza armi. Lo sa e lo dice anche Franco Matrone, coordinatore della branca di Ginecologia ed Ostetricia dell’Asl Napoli 3 Sud, che ieri ha scritto una lettera al presidente della Regione, Vincenzo De Luca. Una missiva finalizzata a chiedere «da subito» lo «screening di tutti gli operatori della sanità in Campania». «Facciamo i test a tutti i medici e infermieri e personale sanitario della Campania – spiega Matrone – per mettere in sicurezza l’incolumità di chi è esposto più di tutti, per le nostre famiglie e per garantire la sicurezza di chi assistiamo, dentro e fuori le strutture sanitarie. Stiamo correndo un rischio altissimo che diventa insensato».

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