In via San Michele, nel cuore di Pompei, a pochi passi dal Santuario della Beata Vergine, la vita in quarantena scorre veloce. Tra giochi, compiti, ricette, preghiere e film educativi si insegna il valore della famiglia in quella che è diventata l’era dei social, dei sentimenti scambiati via whatsapp e delle emozioni trasmesse solo tramite un emoticon. Basta varcare l’ingresso del grosso portone marrone, dove s’intravede dalla finestra lo slogan #andràtuttobene coi cuori e i colori dell’arcobaleno, per toccare con mano le opere di carità della Casa Famiglia “Maria Madre di Misericordia” della comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Hanno il volto di Raffaella e Salvatore Buonocore, marito e moglie di 65 e 63 anni, originari di Vico Equense, che si sono fatti avvocati dei più deboli nel nome del Signore. Una coppia che ha deciso di annullarsi completamente per dare voce agli ultimi. Ad oggi ci sono ben otto ospiti tra le stanze della casa famiglia di Pompei, un’ex palazzina degli operai che all’epoca erano impegnati nella costruzione della Basilica, dove ricevono assistenza e amore. «Con rammarico abbiamo dovuto sospendere l’accoglienza di nuovi ospiti per ragioni di sicurezza legate al Covid-19 e per tutelare chi ha già debolezze fisiche nella nostra casa famiglia, ma normalmente chiunque bussa alla nostra porta può contare sempre sul nostro aiuto e questa è una delle nostre prerogative – dice Salvatore Buonocore, un ex insegnante che da trent’anni è impegnato nel mondo cattolico -. La nostra opera continua ogni giorno, ora dopo ora, consolidandosi in questo clima di quarantena. I nostri ragazzi hanno decorato un lenzuolo bianco coi colori dell’arcobaleno per lanciare un messaggio di speranza. Lo abbiamo esposto alla finestra, è la testimonianza dei cuori e dell’anima di chi vive qui». Ogni giorno, nel caratteristico appartamento a pochi passi da Palazzo de Fusco, la comunità di Papa Giovanni prega nella propria cappella. «Recitiamo la supplica alle 12 in punto per invocare l’aiuto della Madonna in questi tempi difficili – spiega Salvatore -. Chiunque può farlo quando ne avverte il bisogno. E’ uno dei posti dove più ci ritroviamo insieme alla cucina, dove i rapporti vengono a rinsaldarsi in questa vita ormai diventata frenetica. A inizio mese di febbraio, prima che scoppiasse la pandemia, nella nostra casa abbiamo messo su anche un’attività di preparazione per le ostie e le parrocchie. Tutto donato e fatto con il cuore a margine di un progetto nato con la fondazione Arnaldo Mondadori di Milano. Oltre noi, c’è solo un carcere di Milano che fa questo. Abbiamo donato ostie anche alle parrocchie fuori Pompei».Salvatore Buonocore racconta e ricorda una a una le storie dei più deboli che oggi assiste. «Abbiamo con noi due minorenni con una mamma albanese che stiamo seguendo con grande dedizione affinché possano superare le difficoltà. In questi giorni è aumentata l’attenzione verso l’altro, le attività per intrattenerci a vicenda. Sono ragazzi anche poco scolarizzati che qui hanno trovato final- mente anche un figura paterna. Prima della diffusione del virus, hanno frequentato regolarmente la scuola e adesso, per evitare un distacco e garantire comunque una continuità, stiamo organizzando le lezioni in casa. Per me, che sono un ex insegnante, non è un problema. Anzi». I ragazzi hanno ritrovato in questa realtà di Pompei l’amore che di cui avevano bisogno, certezze e stabilità che prima erano diventati un miraggio. «Qui possono sempre contare su di noi – ricorda l’ex insegnante -. Stiamo sempre insieme tra attività ludiche, giochi, scelta di qualche film, ricette e altro. Non hanno mai una libertà assoluta proprio per scongiura- re nuovi problemi. Insomma, in questo clima di quarantena, stiamo anche riscoprendo quel- lo che è il valore della nostra famiglia. La comunità Papa Giovanni accoglie tutti, anche gli adulti. Qui c’è anche un’altra ragazza di 34 anni con un’intelligenza emotiva molto bassa. E poi, come detto anche prima, ospitiamo una mamma albanese di 27 anni. Ha trovato impiego in un ristorante che ora, per ovvie ragioni, è chiuso».Salvatore, l’anima della Casa Famiglia di Pompei, ripercorrendo le ultime parole di Papa Francesco, invoca un aiuto da parte del commissario prefettizio arrivato in città. «Mentre noi siamo vicini a queste persone fragili, in difficoltà, con la preghiera, mi piacerebbe che il Comune, in una città dove la carità è importante, riesca a mettere in atto azioni di tutela per anziani e famiglie che hanno figli con problemi. E che sia un sostegno reale, oltre alla spesa, come l’essere vicini nelle difficoltà». La casa famiglia di Pompei è stata fondata da Don Oreste Benzi, colui che per primo ha lottato contro la tratta delle schiave della prostituzione, aiutando bambini, adulti, disabili, senza fissa dimora ed ex carcerati, e dove è stata per due anni anche una donna con una pesante con- dannata sulle spalle, di 20 anni, che rischiava di vedersi sottratti tre figli minori. Storie e persone ora diventate responsabili attraverso un percorso di rinascita.
CRONACA
20 marzo 2020
La carità ai tempi del Covid in casa famiglia: «Qui la vita scorre veloce»