Sono 14 le stazioni della Via Crucis che precedono la Santa Pasqua, sono 14 i giorni di quarantena da trascorrere a casa. Se la Via Crucis si conclude con la quindicesima stazione dedicata alla Resurrezione di Cristo non sarà lo stesso, quest’anno, per i fedeli chiamati a percorrere la strada verso il Golgota con una croce ancor più pesante, che rallenterà la scalata sul monte fuori le mura di Gerusalemme. «Una Pasqua senza il suo popolo», la definisce il vescovo di Nola, monsignor Francesco Marino. Un popolo che si è ritrovato in guerra per combattere un nemico letale. Come su un campo di battaglia sono caduti i combattenti: sono i contagiati morti con il coronavirus. E nel silenzio se ne sono andati, durante il cammino verso la Resurrezione. «Signore, quanti morti in questi giorni difficili. Ci lasciano senza l’affetto dei propri cari, la vicinanza di chi ha condiviso lunghi anni di cammino, la preghiera che nel rito delle esequie si fa speranza», li ricorda nella sua omelia monsignor Franco Alfano, vescovo dell’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare.
Anche la Chiesa ha dovuto mantenere le distanze e rispettare l’isolamento imposto a tutti. Ma il Covid non ha fermato le preghiere che continuano incessanti, nelle parrocchie vuote o anche dai balconi. E’ ancora il vescovo Alfano a unire le mani e chiedere aiuto a Dio. Tanto da recitare una preghiera: «Tu che sei il nostro Padre buono e misericordioso aiuta anche noi, che continuiamo questa lotta contro un nemico invisibile: consola quelli che piangono, rianima gli sfiduciati, incoraggia quanti si stanno impegnando con tutte le loro forze per il bene delle nostre città, benedici in particolare i medici e gli infermieri che giorno e notte offrono il meglio di sé perché nessuno si senta trascurato o abbandonato a se stesso. Metti nel cuore di tutti noi la certezza di essere sempre accompagnato da te e donaci l’umiltà di saperci aiutare gli uni gli altri come una sola famiglia». In prima linea anche la Chiesa, per assicurare ai fedeli momenti di preghiera e di ascolto attraverso i social. Come il minareto, così il rintocco delle campane alle 21 in punto, richiama i fedeli per la recita del Rosario.
In un momento difficile, la Chiesa ha deciso di fare la sua parte: «Sentiamo che il nostro compito – dice il vescovo di Nola Francesco Marino – in questo momento è soprattutto quello di essere “riserva di speranza” e punto di connessione di legami che non vanno persi o indeboliti, ma anzi rafforzati e resi più autentici. Ci avviamo a una Pasqua “senza popolo” che però, e non è un paradosso, sarà “popolare” più che in altre circostanze, perché siamo fino in fondo immersi nelle vicende della nostra gente».
«Ci insegnerà molto, questo tempo. Sicuramente l’idea di “comunità” ne uscirà cambiata. E nel mentre affrontiamo insieme questa fase emergenziale, non trascuriamo la necessità di pensare, sin da oggi, a un “dopo”. Un “dopo” che riguarda i rapporti umani e la loro riconfigurazione, i vincoli di solidarietà, la coesione sociale, il lavoro, l’economia». Non nasconde le difficoltà del momento il vescovo di Nola e lo mette nero su bianco, in una lettera aperta inviata ai sindaci del Vesuviano. Poi si rivolge ai lavoratori: «Molti di voi – scrive – non possono rimanere in casa per salvaguardare la salute dei propri familiari e di sé stessi. Così come so che non è semplice evitare comportamenti che possono mettere a rischio la salute vostra e dei vostri cari.
È possibile immaginare – continua – che per molti nulla sarà come prima. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, comprendo il serio rischio che grava su molti lavoratori e molte lavoratrici. Mi rendo conto che l’impatto di questo periodo sul mondo del lavoro può diventare una carneficina sociale, per cui è importante un tempo di condivisione che ci invita ad esprimere solidarietà concreta anche nei confronti dell’occupazione», ma, citando il discorso tenuto a Nola, il 23 maggio del 1992 da Giovanni Paolo II e rivolto proprio agli imprenditori e ai lavoratori, monsignor Marino a «reagire con coraggio. L’emergenza sanitaria possa attivare anticorpi per una resilienza che permetta di sognare un nuovo tempo». Anche la Chiesa cerca allora di alleggerire il peso di quella pesante croce che i fedeli si sono trovati a reggere, percorrendo una Via Crucis infinita, nel periodo di Quaresima che ha richiesto maggiori sacrifici del previsto.