Vincenzo ha 24 anni. E’ al suo sesto anno di medicina e ieri ha varcato l’ingresso dell’inferno per riaccendere la speranza dove si combatte il Covid-19. Uno studente come gli altri ma che da giorni è tormentato dalle scene che passano alla tv: le bare a Bergamo trasportate sui mezzi militari verso il cimitero. Dentro uomini e donne, anziani, morti da soli. Non hanno avuto nemmeno il diritto di dire addio. Morti nella solitudine di un virus che non gli ha consentito di riabbracciare per l’ultima volta un loro familiare. Così la scelta di regalare il suo tablet. «Il coronavirus è un malattia che isola il paziente – spiega -e molti di questi pazienti sono anziani che non possono nemmeno comunicare con i loro cari, non hanno un telefono con una fotocamera o forse nemmeno un telefono in ospedale. Ho letto di una campagna di sensibilizzazione partita al nord, nelle città dove l’emergenza ormai sta provocando morti continui, di dotare i reparti di tablet per consentire agli anziani di rivedere i propri familiari, e così ho decido di donare il mio tablet all’ospedale di Boscotrecase». Una decisione presa in pochissimi secondi mentre continuava a leggere quelle maledette notizie di morti da soli. «Ieri pomeriggio mi sono recato in ospedale – continua – non uscivo da casa da febbraio, da quando ho sostenuto l’ultimo esame prima che si scatenasse l’emergenza». Oggi Vincenzo segue le lezioni tramite una piattaforma con la maggior parte degli studenti tra difficoltà e tanta paura. Pochi chilometri da Torre Annunziata al presidio di Boscotrecase diventato il polo per i malati di Covid-19 «è stato angosciante arrivare nell’ospedale e vedere il deserto intorno ma sentire l’inferno dentro: all’ingresso c’era una guardia giurata e la prima cosa che mi ha detto è stata “fai presto e va via da qua”, è stato un colpo al cuore anche perché aveva una mascherina fai da te che non serve nemmeno. Mi sono recato così al pronto soccorso – continua Vincenzo – mentre però attraversavo dall’esterno la struttura ho visto alcune persone dalle finestre, molti erano giovani come me e mi ha fatto male». A stento trattiene le lacrime quando poi racconta dell’incontro con l’infermiera «era tutta coperta, le ho spiegato che ero lì per donare il mio tablet, mi ha fatto attendere all’esterno, poi ha fatto poggiare il tablet su una sedia che ha poi tirato verso di lei, mantenendole distanze e ringraziandomi». Un racconto struggente ma allo stesso tempo che imprime speranza «voglio solo che in tanti facciano lo stesso – conclude – chi può doni un tablet, concediamo a chi sta in ospedale in isolamento a combattere contro questo male di rivedere un proprio familiare, riaccendiamo in loro la voglia di combattere, la forza per uscire da questo inferno, un inferno che purtroppo mi fa paura perché non siamo preparati e non ci stiamo preparando: a Boscotrecase lavorano medici senza dispositivi ancora, con soli cinque ventilatori, ho l’impressione che tutta questa calma apparente è l’inizio di una devastante tempesta».
Torre Annunziata
23 marzo 2020
Torre Annunziata, Vincenzo regala il suo tablet ai medici di Boscotrecase «Servirà per i pazienti in isolamento«