Intervista al Dott. Luciano Tarantino Epatologo e Specialista in Malattie Infettive
Dottor Luciano Tarantino, perché non ha senso fare a tappeto i tamponi a tutta la popolazione?
«In televisione, su giornali, e sui social, da diverse settimane si continua ad insistere sulla scarsa attenzione del nostro Governo che non consentirebbe l’esecuzione del Tampone faringeo diagnostico per l’infezione da Coronavirus COVID-19 a tutta la popolazione.Mi sono espresso al riguardo in una comunicazione già il 24 febbraio (quindi in epoca non sospetta), e ho ribadito successivamente la mia posizione contraria a questa ipotesi. Dal momento che il tam-tam su questa questione continua, sia nei social che nei media di informazione (è ancora accesa la discussione sulla scelta di Zaia in Veneto di fare Tamponi“a tappeto”), vorrei meglio spiegare le ragioni della mia posizione.Il Test basato sulla Reazione di trascrizione inversa della polimerasi a catena ( RT-PCR ), comunemente indicato come “Tampone”, è un test complesso di laboratorio per evidenziare la presenza del COVID-19 nella saliva o nello sputo, ed è stato per la prima volta prodotto all’Istituto Charité di Berlino a gennaio 2020 (praticamente appena 12 settimane orsono). Subito dopo la produzione, una quantità relativamente limitata è stata distribuita, dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). Contemporaneamente, kit basati sullo stesso principio venivano prodotti in Corea (PowerChek Coronavirus, 28 gennaio 2020), in Cina (BGI Group, febbraio 2020), in Russia (State Research Center of Virology and Biotechnology VECTOR, 11 febbraio 2020),negli Stati Uniti (Center for Disease Control di Atlanta, 28 febbraio 2020). Due test rapidi sono stati approvati solo recentemente negli Stati Uniti il 13 marzo 2020 (Roche Diagnostics – 3 ore) e il 19 marzo 2020 (Abbott Laboratories, 45 minuti) .Elenco queste date solo per far capire che solo recentemente sono stati disponibili i test e che quindi solo l’esperienza in Cina di Wuhan poteva essere presa in considerazione per la loro attendibilità. Ed è proprio su quest’ultima che intendo soffermarmi per far comprendere la mia posizione negativa sull’uso dei Tamponi “a tappeto”.Premessa essenziale è capire il significato di “sensibilità di un test”. E’ la percentuale di pazienti che risultano positivi al test in una serie di soggetti effettivamente infetti. Se su 100 soggetti che hanno il COVID-19 il test è positivo in 50, la sensibilità è del 50%. Ciò vuol dire che altri 50 hanno la falsa informazione di non avere la malattia pur essendo infetti.Il tampone per COVID-19, come per tutti i test di questo tipo, ha dei limiti non trascurabili;
1. La raccolta del campione può essere fatta più o meno correttamente. In teoria per ottenere sensibilità molto elevate, fino al 93% (quindi neanche del 100%), si dovrebbe fare mediante broncoscopia e lavaggio bronco-alveolare (cioè introducendo un tubo endoscopico nei bronchi), impensabile come test su tutta la popolazione. Raccogliendo invece la secrezione a livello del faringe, della bocca o anche solo sullo sputo, come si fa comunemente, la sensibilità è compresa tra il 32% e il 72%, con una media del 60%. Ciò significa che solo per questo limite intrinseco, 4 tamponi su 10 sono falsamente negativi.
2. La positività del tampone può dipendere dalla fase di malattia. Subito dopo il contagio, il soggetto infetto non ha ancora secrezione di particelle virali e quindi pur potendo successivamente contagiare altri soggetti, risulta negativo al tampone.
3. La Reazione di trascrizione inversa della polimerasi a catena ( RT-PCR) è una procedura relativamente complessa che ha essa stessa intrinsecamente risultati a volte non chiaramente interpretabili.Se teniamo presente questi limiti, penso sia ragionevole affermare che il “Tampone” ha una affidabilità sicuramente non superiore al 50%. Quindi, se utilizzato senza un intento preciso su tutta la popolazione (diciamo “alla Zaia”), senza alcuna selezione (esempio: ricerca di una recente possibile esposizione al contagio o sintomatologia sospetta), potrebbe non solo essere poco utile, ma addirittura dannoso, in quanto darebbe una falsa sicurezza a molti soggetti testati. Per tale ragione, ritengo che nella popolazione generale, non è utile lo screening di massa col “tampone”, ma sono assolutamente sacrosante le misure di riduzione dell’esposizione sociale della serie “statevene a casa” e non vi esponete per motivi futili .
Diverso è il discorso sugli operatori della Sanità, i quali non possono sottrarsi al dovere di assistere i pazienti. Il test su secrezione orofaringea, malgrado tutte le limitazioni suddette, andrebbe fatto a tutti, ogni 7 – 14 giorni, per due ragioni;
1. I medici e infermieri risultati positivi al test, anche se rappresentano solo una parte dei veri infetti, potrebbero, anche se asintomatici, essere allontanati temporaneamente dal lavoro, per il tempo necessario alla eliminazione dell’infezione (14-21 giorni).In tal modo non sarebbero fonte di contagio per pazienti non-COVID-19 inevitabilmente venuti alla loro attenzione. Se infetti, ma scarsamente sintomatici, potrebbero in ogni caso essere impegnati in video conferenza online o al telefono per essere preziosa fonte di informazione e formazione per pazienti , ma anche permedici o infermieri o volontari estemporaneamente coinvolti nella gestione dell’emergenza.2. Inoltre, una volta guariti, essi stessi sarebbero enormemente motivati all’assistenza dei pazienti COVID-19, in quanto verosimilmente immuni (questo è un dato ancora da chiarire, per cui la prudenza è d’uopo).Avremmo quindi una task-force di operatori “senza paura” di essere contagiati e soprattutto di portare il contagio ai propri familiari (che rappresenta la remora maggiore per noi operatori della sanità)».
Come si può aumentare la sensibilità della diagnosi nei soggetti sintomatici sospetti?
«Proprio perché il “Tampone” ha scarsa sensibilità, per poter individuare anche i falsi negativi, è fondamentale l’intervento di medici “esperti” nel raccogliere le informazioni su eventuali contatti, nella valutazione della sintomatologia più o meno significativa e nello studio radiologico. Ricercatori cinesi hanno dimostrato, in pazienti sintomatici con polmonite, che la tac del torace dimostrava segni specifici per infezione da COVID-19 con sensibilità più elevata rispetto al “Tampone”, in molti risultato negativo al momento dell’esecuzione della tac e poi successivamente positivo quando ripetuto (dopo circa 5 giorni), per l’elevato sospetto dell’infezione».
Ma come è possibile conoscere quanta parte della popolazione è stata già infettata dal COVID-19?
«Come per tante altre infezioni virali o batteriche, il test che ci da indicazioni sulla popolazione che è stata contagiata è il “test Sierologico”. Su un campione di Siero estratto da una provetta di sangue del paziente è possibile determinare se contiene Anticorpi specifici diretti contro componenti del COVID-19. Questi test sono solo da poco disponibili. Il CDC di Atlanta ne ha denunciato la produzione e la valutazione di qualità solo il 9 marzo 2020. Si tratta di test rapidi, che a breve, o forse già adesso, possono essere disponibili in laboratori sul nostro territorio. Non sono in grado di fornirvi al momento elementi certi della loro affidabilità.Il test non ci dice se il paziente è o non è tuttora infetto, ma ci da un importante informazione : sappiamo se il paziente è già venuto a contatto con il Virus.In questi soggetti, anche se asintomatici, può essere utile eseguire “il Tampone”, a meno che non sia ben riconoscibile nella storia del paziente un periodo in cui vi sia stata una sintomatologia specifica magari sottovalutata. La conoscenza di quanta popolazione è stata già contagiata e quanti soggetti sono già guariti e verosimilmente immuni, potrà guidare meglio le scelte dei nostri Governanti in ambito Sanitario, Sociale ed Economico».