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Coronavirus: cambiano le epidemie ma non il comportamento dell’uomo
CRONACA
29 marzo 2020
Coronavirus: cambiano le epidemie ma non il comportamento dell’uomo
Redazione

Che sia peste, colera, vaiolo o influenza, il comportamento dell’uomo davanti alle epidemie non è cambiato molto nel corso dei secoli, nonostante il progresso nelle conoscenze tecniche e mediche. E non solo per l’applicazione di quarantene e bandi di città malate, ma anche per la gestione degli ospedali e per la presenza, già agli albori dell’era vaccinale, di no-vax e la diffusione di fake news.

A fare un excursus medico nel corso dei secoli è Alessandro Porro, docente di Storia della medicina della Statale di Milano. “Quello a cui stiamo assistendo oggi con il Covid-19 si è in parte già visto con la Spagnola nel 1918-1919 – spiega – Come allora non c’erano nè farmaci nè vaccino contro il virus, e dapprima si dedicarono i grandi ospedali alla cura dei malati. Poi quando furono pieni, si fece lo stesso con quelli più piccoli e infine si requisirono strutture sul territorio per ospitare un numero di malati sempre maggiore”.

L’unica differenza è che, per via della Prima Guerra mondiale in corso, da noi non si poterono applicare le misure di isolamento e distanziamento sociale che sono state messe in campo ora. L’epidemia si esaurì “naturalmente da sola, dopo aver fatto ammalare milioni di persone”, prosegue. Anche quarantena e cordoni sanitari non sono certo una novità, visto che venivano adottati ricorrentemente durante le pestilenze, controllando persone e merci che entravano nelle città e bandendo chi veniva da aree malate. La peste è stata una “presenza costante nel tempo che si riaccendeva ogni decina d’anni circa – continua Porro – Basti pensare che alla famosa epidemia di peste nera del 1348, ne seguirono altre nel 1363, 1381, 1394, 1400, poi per tutto il secolo successivo, e ancora nel 1522, 1529, 1557, 1565, 1575, fino alla peste del 1630”.

Anche la rilevazione dei morti e comunicazione alle autorità, come fa in questi giorni la Protezione Civile, non è nuova. “A Milano nel 1400 – prosegue – si rilevava ogni giorno il numero dei deceduti e comunicava alle autorità, che quindi conoscevano la situazione in tempo reale”. Inoltre verso la fine del secolo venne costruito il lazzaretto. Un’altra cosa che non è cambiata è la diffidenza di molte persone verso i medici e le novità nelle terapie. Lo dimostra quanto successe a fine del 1700 con l’arrivo del primo vaccino contro il vaiolo. “Anche in quel caso ci fu un fronte no-vax e la diffusione di fake news, in cui ad esempio si diceva che chi si fosse fatto vaccinare sarebbe diventato come una mucca, con tanto di crescita di corna”, racconta Porro.

E come si fa oggi con i testimonial per i vaccini, anche allora un medico italiano, Luigi Sacco, pensò che il modo di convincere i dubbiosi fosse coinvolgere gli ‘influencer’, che all’epoca erano giornalisti, poeti e persone del mondo della moda. Lo stesso Giuseppe Parini, trent’anni prima della vaccinazione, compose l’ode ‘L’innesto del vaiuolo’ per demolire i pregiudizi che circolavano sulle pratiche di protezione dal vaiolo

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