Nel carcere di Napoli Poggioreale va in scena la protesta della “battitura”, con largo anticipo rispetto all’ora prefissata (le 18.00). Rumore assordante in molti padiglioni della casa circondariale partenopea, che resta tra le più grandi e affollate d’Europa. Il livello di allerta da parte della Polizia Penitenziaria è alto da oltre venti giorni, da quando cioè sono scattate le rivolte negli istituti penitenziaria di mezza Italia per la sospensione dei colloqui con i familiari determinata dall’emergenza sanitaria. Al momento, i colloqui si svolgono da remoto grazie alla dotazione di 1500 telefoni cellulari ottenuta dal Ministero della Giustizia. La protesta è stata avviata per chiedere l’indulto e l’amnistia, ed è portata avanti dai detenuti in cella e dalle loro famiglie da casa. Il rito di protesta della battitura consiste, per chi è carcerato, nel percuotere le sbarre con oggetti di metallo per fare rumore e far sentire la propria voce. Da casa invece si faranno sentire con mestoli e pentole. L’appello che ieri circolava sui social è questo: “I detenuti gridano tutti salvi! Tutti a casa! – si legge sul post – facciamo una battitura dai nostri balconi, come loro fanno contro quelle maledette sbarre, appendiamo striscioni per amplificare le loro grida…”.
CRONACA
1 aprile 2020
Napoli, la protesta dei detenuti di Poggioreale