Staremo a casa ancora per settimane. E dopo Pasqua e Pasquetta anche i ponti del 25 aprile e del primo maggio saranno blindati, per evitare che migliaia di italiani si riversino per le strade. A due giorni dal decreto del presidente del Consiglio che ha prolungato le misure di contenimento fino al 13 aprile è già chiaro dunque che l’Italia difficilmente riaprirà subito dopo. E potrebbe restare chiusa, almeno per la maggior parte dei cittadini, fino a metà maggio. Il perché, ancora una volta, è nei numeri.
Da alcuni giorni, quando gli scienziati hanno indicato che la curva del virus aveva raggiunto il ‘plateau’, l’andamento dei dati è stabile: l’incremento del totale dei contagiati è del 3,98% mentre ieri era al 4,22% e gli attualmente positivi sono passati dagli 83.049 di giovedì agli 85.388 di oggi, con un aumento che è sceso dal 3,07% al 2,82%. Anche il numero delle vittime – altre 766 nelle ultime 24 ore per un totale di 14.681 – è in linea: +5.50% oggi, +5,78% giovedì. Significa, spiega il direttore della Terapia intensiva del Policlinico Gemelli e membro del comitato tecnico scientifico Massimo Antonelli, che “il picco non si è esaurito”. Non è ancora iniziata, dunque, quella fase di discesa che tutti attendono e l’ ‘R con zero’ – l’indice con cui si diffonde il contagio – non ha ancora raggiunto quello 0,5% che è considerato dagli scienziati il numero magico per poter cominciare a rivedere le misure di contenimento. Quindi, si resta a casa. Per quanto? La decisione la prenderà il premier Giuseppe Conte e il governo quando nei prossimi giorni – probabilmente già a metà settimana – verrà fatto un punto con gli scienziati per analizzare l’evoluzione e capire se è possibile ipotizzare qualche minima riapertura. Ma intanto è stato il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli a mettere in fila alcuni concetti, che hanno sollevato un vespaio all’interno dello stesso esecutivo e della stessa maggioranza con qualcuno che si è anche interrogato sulla possibilità di valutare un avvicendamento alla guida del Dipartimento.
Ipotesi che sarebbe poi rientrata. “Credo proprio di si, dovremo stare in casa per settimane” e mantenere “comportamenti rigorosissimi” ha detto il capo del Dipartimento parlando proprio del 1 maggio. Ma non solo. A chi gli chiedeva se la metà di maggio fosse una data plausibile per ipotizzare la ‘fase due’, Borrelli ha infatti risposto di non “voler dare date”. Ma poi ha proseguito: “Se l’andamento non cambia, potrebbe essere, come potrebbe essere prima o dopo, dipende dai dati. Da qui al 16 maggio potremo aver dati ulteriormente positivi che consigliano di riprendere le attività e cominciare quindi la fase 2”. Parole che lui stesso ha corretto più volte nel corso della giornata. “Mai parlato di date, dipenderà dalla curva dei numeri” ha spiegato per poi ribadire: al momento “esiste una sola data che è quella del 13 aprile” e che “ogni decisione sulle misure restrittive spetterà al premier e al governo”. Un dietrofront chiesto direttamente da Chigi e che comunque non ha fermato le polemiche. A partire da quelle degli industriali – “non è più procrastinabile la riapertura delle aziende” gli ha risposto Confindustria Veneto – fino a Giorgia Meloni che ha chiesto una ‘voce unica’ che parli per il governo.
Quale che sarà la data per l’inizio della fase due, quel che è certo è che ci si sta già lavorando. L’ipotesi di allargare l’elenco delle attività consentite già in queste settimana è decaduta e se ne riparlerà dopo Pasqua, ma non è escluso che qualche apertura venga concessa anche prima di maggio. Un discorso che non riguarderà i tribunali, la cui chiusura sarà prolungata almeno al 3 maggio. Ma la ripartenza dipenderà anche da quanto la scienza sarà in grado di ‘mappare’ la situazione del contagio e gestire l’eventuale ritorno della gente in strada.
Per questi motivi il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato una circolare che apre ai “tamponi rapidi” per avere risultati in tempi brevi e il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro ha ventilato la possibilità, di rivedere la politica sulle mascherine, rendendole obbligatorie. Per ora, però, si resta tutti a casa. Anche coloro che continuano a uscire senza alcun motivo, come dicono i dati del Viminale: altri 8mila denunciati che portano il totale dalla chiusura dell’Italia l’11 marzo a 165mila. Anche e soprattutto coloro che sono in quarantena. Ne hanno denunciati 24 ieri, 254 negli ultimi 8 giorni.