Torre del Greco. Il dolore per una tragedia scatenata da errori e ritardi, la paura di una nuova ondata di contagi legati al nuovo ceppo del Covid-19. Il day after l’ennesima giornata da incubo per Torre del Greco si consuma tra telefonate e appelli in via Nazionale, a ridosso del quartiere già falcidiato dal Coronavirus: aggrappati agli smartphone ci sono i familiari di A.F., la donna di 50 anni – già sottoposta a dialisi – stroncata dal «mostro» arrivato dalla Cina in sole 72 ore. «In realtà, i primi sintomi furono segnalati il 21 marzo – racconta Lorenzo, un cugino della donna – Mia cugina aveva qualche linea di febbre e una forte tosse, ma il personale medico consigliò di non procedere con il trasporto in ospedale. Viste le sue condizioni di salute, già precarie, poteva essere un danno». Così la cinquantenne proseguì la cura presso un centro specializzato di Leopardi – successivamente chiuso in via precauzionale perché un infermiere è risultato positivo – finché il suo quadro clinico non costrinse i parenti a lanciare un nuovo allarme: «Solo alla terza chiamata al 118, a metà settimana, siamo riusciti a ottenere il trasferimento all’ospedale San Leonardo – prosegue Lorenzo -. Ma il ritardo accumulato in questi giorni è stato decisivo».
Sì, perché la cinquantenne è stata trasferita all’ospedale Monaldi di Napoli già in condizioni disperate: prima è stata trattata per l’insufficienza renale, poi è cominciata la cura per il Covid-19. Ma il tempo perso si è rivelato fatale. Un «precedente» capace di gettare ulteriore sconforto tra parenti e amici della donna. Perché ora, a preoccupare, sono stati i «contatti» avuti dalla donna durante i 10 giorni in cui ha «covato» il coronavirus a insaputa di tutti: «Abbiamo immediatamente segnalato la questione al sindaco Giovanni Palomba – si sfoga Lorenzo – ma, secondo il primo cittadino, la vicenda deve essere trattata dall’Asl Napoli 3 Sud. C’è un rimbalzo di responsabilità, ma non si può perdere ulteriore tempo: ci sono tre nuclei familiari e almeno 13 o 14 persone potenzialmente a rischio».
A partire dal marito e dal figlio della cinquantenne, rimasti sempre a contatto con la donna durante i giorni dell’incubazione del virus: «Il ragazzo già avverte i primi sintomi, ma i vertici dell’azienda sanitaria ci hanno assicurato un intervento solo a inizio settimana – prosegue il cugino della vittima – Così si mettono in pericolo vite umane, a Leopardi può nascere un nuovo focolaio. Eppure né il primo cittadino né l’Asl Napoli 3 Sud sembrano capire come l’attesa infinita per i tamponi possa provocare una strage».
Concetti già espressi dai familiari della maestra in pensione di Santa Maria la Bruna, in zona Postiglione: «Non si possono ignorare gli allarmi del territorio – conclude il cugino della cinquantenne -. In casi del genere chi guida una città deve avere il coraggio di prendere decisioni forti: se il sindaco di Torre del Greco non è capace di fare ordine e chiudere tutto per il bene della popolazione, si facesse da parte insieme a tutta la giunta». Infine un ulteriore appello a tutti i cittadini di Torre del Greco: «Restate in casa, rispettare le normative perché qui si muore e non abbiamo chi tutela la nostra sicurezza».
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