«Dove deve andare?». «Ho un appuntamento con la direttrice sanitaria». «Prego, si accomodi: dobbiamo rilevare la temperatura corporea prima di farla entrare». Un addetto dell’ospedale avvicina il termoscanner alla fronte. Lo fa, da prassi, con chiunque provi a entrare nel San Leonardo – pazienti o visitatori – rispettando il protocollo: se vengono rilevati sintomi influenzali si può accedere all’interno dell’ospedale per il percorso cosiddetto “pulito”; in caso contrario bisogna passare per il pre-triage dove viene avviata un’anamnesi necessaria per comprendere se si è in presenza di un sospetto caso di Covid-19 o meno.E’ la prima novità evidente che è possibile riscontrare nell’ospedale di Castellammare di Stabia, voluta dalla nuova direttrice sanitaria. Rosalba Santarpia è succeduta a Mauro Muto, alla guida dell’ospedale San Leonardo, nel momento più difficile perché ha ereditato la struttura dell’Asl Na 3 Sud dove si è registrato il più alto numero di contagi tra operatori sanitari. «Mi sono messa in un brutto guaio», prova a rompere il ghiaccio prima di tirare fuori un carattere deciso eun pizzico d’orgoglio «da sette anni sono impegnata nella direzione sanitaria del San Leonardo, conosco criticità e potenzialità dell’ospedale – dice – E’ un momento difficile per la sanità a livello nazionale, non solo per Castellammare. Ma se ho deciso di accettare questo incarico è perché sono convinta che possiamo uscire fuori da questa emergenza. Il San Leonardo è un ospedale sicuro che può vantare straordinarie eccellenze».
Dottoressa Santarpia, nessuno l’ha mai messo in dubbio. Ma 18 contagi tra gli operatori sanitari sono tanti.
«In realtà sono 15 e abbiamo il dubbio che uno dei nostri dipendenti abbia potuto contrarre il virus fuori dall’ospedale».
A questi andrebbero aggiunti i 3 operatori del 118.
«Capisco che vengono associati al San Leonardo, però le competenze sul 118 sono delle Unità Territoriali e non dell’ospedale. Però, in generale, la vuole sapere una cosa…».
Prego.
«Noi abbiamo condotto un’indagine interna sui contagi dei nostri operatori sanitari».
Quindi?
«E’ risultato che il primo paziente positivo al Covid all’interno del San Leonardo non avesse avuto alcun contatto con il primo dipendente dell’ospedale contagiato».
Che anche gli operatori sanitari possano contrarre il virus fuori dal luogo di lavoro è scontato, però non mi dica che al San Leonardo non ci sono state criticità.
«Assolutamente, non lo nego. Però è anche vero che tutti, non solo all’ospedale di Castellammare, ci siamo ritrovati davanti a una situazione nuova, sconosciuta. Dopo una fase iniziale di difficoltà abbiamo reagito e ora stiamo affrontando questa emergenza con maggiore consapevolezza».
Ad esempio, cosa vi hanno insegnato le criticità?
«Le posso dire che abbiamo adottato diverse misure, cominciando dal rilevamento della temperatura corporea non solo per pazienti o visitatori, ma anche per tutti gli operatori sanitari prima che comincino il turno di lavoro».
C’è dell’altro?
«Certo. Periodicamente tutti gli operatori sanitari saranno sottoposti a tampone. Un monitoraggio che ci consentirà di evitare che si trasformino in untori oltre che a tutelare la loro salute. Poi stiamo riorganizzando l’assistenza dei casi sospetti».
Ci risiamo, la stanza Covid in ogni reparto.
«Guardi, le posso dire che è passato un messaggio sbagliato su questa cosa?».
Perché?«L’idea è quella di riservare una stanza a un paziente che magari comincia a manifestare sintomi sospetti durante la degenza. Se una persona ricoverata per altre patologie dopo 4-5 giorni comincia ad avere febbre, lo isoliamo in attesa di formulare una diagnosi».
E per i trasferimenti dei pazienti che magari devono fare un esame radiografico o per altre esigenze di assistenza come la mettete?
«Siamo attrezzati con una barella di biocontenimento e un ascensore riservato».
Qualcuno pensa sia una manovra per alleggerire un pronto soccorso non adeguato a gestire questa emergenza.
«Dal punto di vista strutturale ci sono sicuramente dei problemi che stiamo cercando di risolvere, anche perché la fase 2 di questa emergenza da questo punto di vista sarà una sfida ancor più difficile da affrontare».
Perché?
«Negli ultimi due mesi c’è stato un calo di affluenza al pronto soccorso, ma appena si comincerà a ripartire bisognerà farsi trovare pronti per garantire assistenza alla persona che ha avuto un incidente, piuttosto che un problema cardiocircolatorio e contestualmente anche a un sospetto caso di Covid».
Come vi state organizzando?
«Intanto abbiamo recuperato degli spazi. Negli ultimi giorni siamo passati mediamente da una gestione di 18-20 casi di sospetti Covid al giorno a 6-7 e questo ci ha aiutato».
Non si possono recuperare altri spazi nei reparti attualmente dismessi, tipo l’ex Urologia?
«Noi sicuramente formuleremo delle proposte, ma queste sono scelte aziendali che attengono alla direzione sanitaria dell’Asl Na 3 Sud».