Un primo step verso la normalità, mantenendo fermo un principio: “se le regole non saranno rispettate la curva dei contagi potrà risalire e i danni per l’economia saranno irreparabili”. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per la prima volta dall’inizia dell’emergenza Covid-19, parla agli italiani annunciando una serie di riaperture e non di chiusure. E lo fa al termine di una girandola di riunioni, brainstorming, relazioni tecniche, che pongono al capo del governo una priorità massima: la fase 2 non sarà un liberi tutti ma sarà la fase “della convivenza con il virus” Il premier parla agli italiani dopo due riunioni chiave presiedute nel corso della giornata: quella con i capidelegazione della maggioranza – alla quale partecipano anche il sottosegretario Riccardo Fraccaro e i ministri De Micheli, Patuanelli, Guualtieri, Catalfo, De Micheli – e quella con gli enti locali, nella quale Conte comunica le prime decisioni. Riunioni che registrano una serie di tensioni all’interno della maggioranza, con la linea della prudenza interpretata da Pd e Leu e quella che punta a riaperture più massicce messa sul tavolo dai renziani.
E Iv, a fine giornata, non nasconde la sua “netta insoddisfazione” per l’eccessiva prudenza degli alleati, definendo “incomprensibile” la scelta di non permettere le messe e promettendo battaglia sulla riapertura dei “centri estivi”. Del resto, in questi ultimi giorni, il dilemma amletico a cui è stato chiamato Conte è se dare massima priorità alla crisi sanitaria, come è accaduto per la fase 1, o guardare – complice il crollo dei contagi – con maggiore attenzione al dossier economico, non meno preoccupante. In questo contesto il premier ha scelto la linea della prudenza e della gradualità, facendo appello, in diretta televisiva, alla “responsabilità” dei cittadini. “Se ami l’Italia, mantieni le distanze”, è il motto che Conte imprime alla fase due, che verosimilmente durerà almeno fino al primo giugno, quando potrebbero riaprire bar e ristoranti. Consapevole della delicatezza della fase due Conte lancia quasi un appello a tutti: “non affidiamoci alla rabbia e al risentimento, non cerchiamo colpevoli ma pensiamo a fare il meglio per consentire la ripresa”.
E’ un appello erga omnes quello del premier, che va dalla politica agli enti locali, fino ai cittadini. Un appello che mira a mantenere coeso quel sistema Italia che, ricorda, ha permesso di ottenere il “grande risultato” europeo del via libera al Recovery Fund. Ed è un sistema chiamato ad essere protagonista anche per risalire la china economica. “Sulla ripresa non ci tireremo indietro”, assicura il premier, annunciando la definizione di un decreto “sblocca-Paese” a fianco al dl aprile. “Il governo farà la sua parte, ci sarà una stagione intensa di riforme, per cambiare quelle cose che nel paese non vanno da tempo”, sottolinea ancora il presidente del Consiglio. Concetti che, la settimana prossima,
Conte ribadirà in Parlamento, chiamato tra l’altro a votare sul Def. Quello causato dal Covid-19 “è uno shock temporaneo, non intaccherà i nostri fondamentali che sono solidi, ce la faremo”, assicura il titolare del Mef Roberto Gualtieri in vista dell’ok al dl aprile. Ma un fabbisogno calcolato sui 161 miliardi e il nodo del debito, a settembre, rischiano di strozzare l’Italia. Dirimente sarà la battaglia per il Recovery Fund. Con l’appendice Mes, sul quale cresce il pressing Pd e si assottiglia, silenziosamente, la trincea del M5S. Che il Mes sia attivato o meno “si passerà dal Parlamento”, ribadisce Conte spiegando di voler aspettare se i regolamenti attuativi della linea di credito confermeranno le “zero condizionalità” del Pandemic Crisi Support. Ma il “traguardo finale”, per Conte, è un altro: che il Recovery Fund venga messo in campo “subito” e che sia uno “strumento che non crei più debito per Paesi come l’Italia”. Il piano A, sebbene al limite dell’utopia, resta questo. E solo così si eviterebbe il rischio di una frattura del Movimento.