In coda ai Caf della provincia ci sono decine di persone. Madri e padri disperati. Camicie rimboccate e sguardi smarriti di chi non sa più a quale santo appellarsi. Sono in fila, attendono il numerino per entrare e farsi accogliere dagli impiegati dei vari centri di assistenza. Tutti con la stessa richiesta. «Posso avere il reddito di cittadinanza?».
L’ultima spiaggia per i nuovi poveri, figli del Coronavirus, è l’aiuto del Governo avviato nel corso di questa legislatura. Un provvedimento, assai controverso, diventato battaglia elettorale del Movimento Cinque Stelle. Nei mesi in cui le attività commerciali sono chiuse per gli effetti delle restrizioni, con effetti disastrosi sui tantissimi lavoratori “fantasma” – commesse part-time senza contratto, camerieri a chiamata o muratori di fortuna che arrangiano come possono – rimasti anche senza il paracadute della cassa integrazione. Un esercito di persone che oggi in fila ai caf della provincia di Napoli chiede aiuto. Soldi per andare avanti. Perché voucher spesa o bonus fitti non possono essere garanzia di sopravvivenza in quelli che si prospettano mesi durissimi. Le centinaia di euro garantite dal reddito di cittadinanza – poche, maledette e subito – ai tempi del Coronavirus possono rappresentare una boccata d’ossigeno. Le richieste per ottenere il sostegno del Governo previsto dal piano di rilancio del lavoro si sono raddoppiate nei giorni della pandemia dove l’accesso ai centri di assistenza fiscale è consentito.
«Un boom che oscilla tra il 90 e 100%, rispetto agli ultimi mesi del 2019 e i mesi di quest’anno antecedenti la pandemia», spiegano i titolari dei centri di servizio. «Molti sono disperati», dicono. «E ci chiedono aiuto». Un dramma che corre di pari passo con quello dei tantissimi lavoratori con regolare contratto e che hanno presentato richiesta per ottenere la cassa integrazione nelle ultime settimane. Loro un paracadute ce l’hanno, ma i soldi arriveranno soltanto tra qualche mese. Quasi 58mila istanze di Cig in deroga in appena un mese, per un platea complessiva di circa 130mila lavoratori. Sono queste le richieste delle aziende campane per fronteggiare l’emergenza in atto e alla quali la Regione risponderà attraverso il riconoscimento dei trattamenti in deroga per nove settimane, secondo quanto stabilito dall’Accordo quadro stipulato con le parti sociali il 19 marzo scorso. “I primi dati fornitici dall’assessorato al Lavoro – affermano i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Campania, Nicola Ricci, Doriana Buonavita, e Giovanni Sgambati – ci offrono una fotografia del tessuto produttivo regionale che necessita di immediate misure di sostegno per potersi rialzare e ripartire, seppur gradualmente, con l’avvio della fase 2. Per questo ci preoccupa l’esiguità delle risorse stanziate dal Governo, palesemente insufficiente per rispondere all’intera domanda del territorio”. Sono infatti ancora 23.861 le istanze in fase istruttoria, a fronte delle 21.566 già decretate ed inviate all’Inps per i pagamenti, cui si aggiungono le 12.483 domande pronte per la deliberazione. E l’impegno di spesa preventivabile supera già di gran lunga i fondi appostati a livello centrale. Numeri alti di un’emergenza economica figlia del Coronavirus e per la quale le risorse stanziate fino a questo punto potrebbero non bastare. «Servirebbero almeno altri 30-40 milioni di euro, senza considerare le nuove richieste che potrebbero essere inviate nei prossimi giorni – spiegano Ricci, Buonavita e Sgambati – per assicurare le indennità a tutti i lavoratori interessati da provvedimenti di sospensione delle attività o da riduzione di orario. Solo due giorni fa il Ministero del lavoro ha disposto la liquidazione della seconda tranche di finanziamento, ma i 114 milioni di euro destinati alla Campania, che si sommano alla prima quota di 101 milioni, non bastano».