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L’urlo di mille stagionali della penisola sorrentina: «Lo Stato ci restituisca la dignità, vogliamo lavorare»
CRONACA
2 maggio 2020
L’urlo di mille stagionali della penisola sorrentina: «Lo Stato ci restituisca la dignità, vogliamo lavorare»
Salvatore Dare

Denunciano di essere stati «totalmente abbandonati» dallo Stato. Perché, in tanti, non hanno neppure visto un euro dall’inizio della pandemia. Sia per i tempi di erogazione dei bonus da 600 e 300 euro di governo e Regione Campania ancora ingolfati sia perché molti per assurdo non hanno diritto a ricevere benefit poiché godevano di contratti a termine. Sono i lavoratori stagionali della penisola sorrentina che battono i pugni sul tavolo e chiedono una svolta per il futuro sempre più a tinte fosche. Si tratta di una categoria in sofferenza per gli effetti della pandemia da coronavirus. E che ora fa quadrato, alza la voce e invoca aiuto. Lo fa innanzitutto in sinergia, alla vigilia del primo maggio, «la festa dei lavoratori ma che ora è la ricorrenza di chi un lavoro non ce l’ha più».

Tutto si snoda sui social con un movimento spontaneo che rilancia la propria crociata all’hashtag #ridateciladignità. Una dignità calpestata dalla scarsa attenzione per le professionalità che vanta l’indotto turistico, in tutte le sue ramificazioni. Da chi lavora negli alberghi a coloro che guidano strutture extralberghiere, dai driver delle aziende di trasporto private ai conducenti Ncc, dai “capitani” dei charter ai marittimi, dai camerieri agli addetti impiegati in bar e locali. Senza dimenticare balneari, bagnini, ristoranti, locali notturni, movida e altro ancora. Un oceano di uomini e donne, di genitori e coniugi, di gente che vanta esperienza, attributi, qualità morali e tecniche che non rientrano, come scrivono nelle chat di gruppo, «nelle priorità del governo e della Regione». In penisola sorrentina ci sono oltre 10mila stagionali, molti dei quali hanno già dovuto subire la beffa incredibile dettata dal rifiuto all’erogazione del bonus Covid. L’esempio lampante è quello di oltre 100 dipendenti dell’Hilton Sorrento Palace, che non essendo una struttura che osserva la chiusura di 70 (consecutivi) o 120 giorni (non consecutivi) non vengono inquadrati come potenziali percettori del contributo statale e regionale.

Ma come loro, ve ne sono tanti altri. L’ondata di selfie con i cartelli ben mostrati con il motto “Ridateci la dignità” è cominciato da un’idea di Massimo Somma, Brigida Massa e Massimo Mirone, operatori del comparto extralberghiero. Il loro gruppo Facebook conta già mille iscritti e sta calamitando l’attenzione di colleghi di tante altre realtà della provincia di Napoli e non solo. «Si stanno istituendo tremila tavoli, tremila unità di crisi, ma nessuno seriamente ha pensato agli stagionali – dice Somma – Il lavoratore doveva presenziare nelle sedi opportune e dire la propria, invece la politica è andata avanti rimanendo sorda. Ci sono grandissime difficoltà e non si intravedono scenari costruttivi e in sinergia. Ormai l’unico aiuto sensibile è quello del bonus spesa, nulla di più. L’impressione è che i nostri governanti, pensando di aver risolto il problema dell’alimentazione, abbia deciso di congelare le altre vertenze». Un grido di dolore che a fatica prova a farsi strada in questo drammatico momento storico. «C’è anche un’altra doverosa considerazione da fare – dicono i promotori del gruppo social – In penisola sorrentina il turismo in modo diretto o indiretto dà profitto e sostentamento alla maggioranza di famiglie. L’alternativa, per chi non è coinvolto nell’indotto, è spesso navigare. Ma anche decidere di lavorare a bordo di una nave sarà un’impresa visto che la crisi sta creando problemi importanti al mercato mercantile e crocieristico. Qui tutti rischiano di finire sul lastrico». Fatta la somma, ecco il totale: «Sembra quasi che govenro e Regione siano convinti che il turismo non ripartirà e dunque che è meglio mettere in secondo piano quei lavoratori che non possono essere salvati» sottolinea con amarezza Somma. Per non parlare degli esercenti, semplici commercianti pure tagliati fuori. «E’ un disastro».

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