L’infettivologo Franco Faella resta in trincea per la lotta contro il coronavirus. Ottimista ma non esageratamente, si affianca alla linea del governo per una riapertura cauta. «Un sospiro di sollievo ma non bisogna abbassare la guardia, soprattutto adesso che inizia la fase 2», sottolinea determinato il luminare di Castellammare di Stabia in pensione, richiamato in servizio dall’inizio della pandemia. Svuotata anche la terapia intensiva dell’ospedale Loreto Mare, coordinata da lui, già in prima linea durante l’ondata di colera che nel 1973 si registrò in Campania. Due mesi di sacrifici richiesti al popolo italiano, ma la prudenza da parte degli scienziati resta, nonostante una curva decrescente dei contagi da Covid-19.
Sono trascorsi più di 50 giorni di “domiciliari” per tutti. Ora possiamo uscire più sicuri?
«Siamo davanti a un virus subdolo che fino a oggi non ci ha trovati, perché eravamo a casa. Bisogna, quindi, capire una volta allentato il lockdown cosa accade. Raccomando prudenza a tutti. Cerchiamo di uscire sempre e solo per necessità, evitando gli assembramenti».
Allerta massima, dunque, almeno fino a quando non sarà scoperto il vaccino e somministrato a tutti.
«Diciamo che sostanzialmente siamo ancora nella fase di sperimentazione della cura. Rispetto a due mesi fa non è cambiato granché, perché le molecole conosciute all’inizio dell’emergenza sanitaria sono le stesse che conosciamo oggi. La speranza è che la cura, e quindi le medicine, possano essere a portata di tutti e presto. Cioè che i medicinali possano essere venduti dalle farmacie».
E’ vero che presto avremo il vaccino?
«Da quanto si apprende il vaccino potrebbe esserci già per l’inizio di questo inverno. Anche in questo caso ci troviamo nella fase sperimentale. Ma intanto bisogna continuare a proteggersi e proteggere gli altri. I dispositivi sono importanti, così come la distanza sociale e, chi può, consiglio di restare a casa».
Il virus scomparirà con le alte temperature?
«E’ una speranza ma non la regola. Il Covid-19 è parente al virus della Mers che è comparso e si è diffuso negli Emirati Arabi, nonostante le temperature oscillavano dai 35 ai 50 gradi».
Dovremo fare i conti con le ricadute?
«Qui va fatta chiarezza. Si parla di ricaduta quando il paziente non è completamente guarito già dal primo contagio. La recidiva, invece, è una nuova fase iniziale della malattia e in Italia non mi sembra ci siano state tali casistiche».
Perché alcuni tamponi risultano positivi anche dopo 40 giorni?
«Anche in questo caso va fatta chiarezza. Per il coronavirus l’incubazione è pari a 14 giorni, la quarantena. La malattia si sviluppa entro questo periodo almeno sul 97% dei pazienti. La restante parte, molto bassa come percentuale, può avere un’incubazione di 20 giorni e più».
Dipende solo da una piccola percentuale di pazienti atipici o anche da come vengono effettuati i tamponi?
«E’ possibile scoprire una polmonite da Covid anche dopo i 14 giorni per test effettuati con una tecnica non corretta, quindi con un prelievo sbagliato».
In Campania i contagi sono ridotti, ma è possibile che il virus si ripresenti con la stessa aggressività con il rientro al Sud di chi giunge dal Nord? E in che termini?
«Sì, oggi in Campania il tasso di contagi è basso. Sì, potrebbe ritornare ad aumentare se chi rientra non segue alla lettera le regole. Serve l’isolamento obbligatorio».
Siamo lontani dall’immunità di gregge?
«Assolutamente sì. Per immunità di gregge se ne parla quando almeno il 70 per cento del popolo avrà prodotto gli anticorpi. In Italia sfioriamo appena il 15 per cento di immunità. Un dato che va tenuto sotto controllo anche rispetto ai prossimi mesi e, come già detto, in merito alla fase 2 con un allentamento del lockdown. Siamo stati risparmiati dal Covid-19 perché ci siamo rifugiati nelle case, cosa che da domani potrà cambiare. Non siamo ancora in grado di poter riaprire tutto».