“Siamo il motore dell’Italia”. E’ lo spot con cui Federauto, l’associazione che raggruppa tutte le concessionarie d’auto in Italia rilancia la fase 2. Un momento critico per il sistema Italia e soprattutto per il settore auto. Gianandrea Ferrajoli, vice presidente di Federauto e amministratore di Mecar Spa, la situazione appare molto difficile per tutto il comparto.
Come si sta muovendo Federauto?
«Sicuramente chi come noi fa impresa nel settore dell’auto, fatto di volumi alti e marginalità strutturalmente bassissima si troverà come tutti gli attori del settore ad affrontare la situazione più dura mai affrontata. Per quello che mi riguarda ritengo di escludere totalmente che basti il fatto di rientrare in fase 2, come se premessimo un interruttore e tutto si riaccende, quasi tornando alla normalità economica finanziaria così come l’abbiamo vissuta in questi anni».
In che termini, secondo lei, questa crisi inciderà sui consumi delle persone e, di riflesso, sulla capacità di stare sul mercato delle aziende che rappresentate?
«Posso escludere che difficilmente nelle prossime settimane, o addirittura nei prossimi mesi, torneremo alla normalità totale. L’idea che quest’estate vi siano stadi pieni, concerti pieni o tanta gente all’aeroporto è fuori da ogni logica. Per questo motivo credo che il calo della domanda sarà durissimo, escludendo dunque che in breve tempo si torni a una normalità di numeri. Secondo le nostre stime, elaborate dalla federazione andiamo verso un 2020 che esprimerà un dimezzamento dei volumi rispetti al 2019. Per un’azienda del nostro settore un calo del 50% equivale, mi scusi per il paradosso, a cadere da un piano molto alto di un palazzo».
La sua immagine rende perfettamente l’idea: e per restare in tema, il Governo, lo Stato hanno previsto qualche paracadute per le vostre aziende?
«Il Governo per il momento si è fatto sentire troppo poco, abbiamo avviato un dialogo con le istituzioni e chiediamo all’esecutivo, in virtù dei quasi 3 punti di pil che esprimiamo, che il Governo ci riconosca la strategicità così come accaduto da molti anni in Francia e Germania».
Tutti dicono che questo virus nella sua brutalità è stato democratico. Lo è stato anche dal punto di vista economico tra Nord e Sud?
«Mai come in questo momento assistiamo a una crisi che non guarda in faccia a nessuno: che sia del nord o del sud crea poco spread».
Di cosa in questo momento il vostro settore ha necessità?
«Non ci servono neanche gli interventi a pioggia, il cosiddetto helicopter money. Quello che serve, secondo noi, è un piano di incentivi strutturali quinquennali che permettano al parco circolante delle auto e dei veicoli industriali italiani che oggi supera i dodici anni, di rinnovarsi. Il problema che abbiamo è che incentivi, il super ammortamento e altro, durano pochi mesi e non durano nel tempo, non riescono cioè a sostenere il rinnovamento del parco auto italiano nel lungo periodo».
Che potrebbe voler dire anche tante conseguenze positive.
«Assolutamente sì, il rinnovamento porterebbe immediati benefici:anche sul tema della riduzione delle emissioni. Anche perché il problema non riguarda i veicoli diesel e benzina euro 6 che abbiamo in strada, ma la stragrande maggioranza di parco circolante che è euro 3».
Una boccata d’ossigeno per le vostre aziende e anche per l’ambiente.
«In questo momento dobbiamo parlare alla sostenibilità delle nostre aziende e attraversare questo periodo cercando di salvaguardare indotto e forza lavoro. Il settore rischia che dopo la crisi pandemico sanitaria venga fuori una crisi economica finanziaria senza precedenti. Per questo motivo serve un piano quinquennale di incentivi che non siano a tempo determinato».I Governi europei, pensiamo a Francia e Germania, dove il settore auto è forte, sono stati più incisivi rispetto a quello italiano?«Sicuramente sì. E poi dobbiamo considerare che i paesi nordix, cioè tutti quelli a nord Europa più la Germania e la Gran Bretagna hanno avuto un lockdown più breve: sono entrati dopo e usciti prima, e subito dopo hanno avviato azioni di lobbing per le quali, ad esempio, il governo tedesco è stato poi, più pronto del nostro. I concessionari tedeschi sono aperti da due settimane e viaggiano su una riduzione dei volumi a marzo-aprile del 30% rispetto al nostro 60%».
Intanto avete lanciato in questi giorni una campagna che punta a tutelare tutti i vostri associati.
«Come imprenditori e concessionari ci rendiamo conto che ora bisogna fare sistema. La situazione è grave e dobbiamo avere una federazione con le spalle larghe che ci rappresenti tutti insieme. Da qualche mese grazie al cambio di passo fatto oltre le associazioni si possono iscrivere alla nostra federazione anche singole imprese e singole concessionarie. Abbiamo lanciato uno spot nelle ultime tre settimane anche sulle reti nazionali. Siamo il motore dell’Italia e puntiamo a rappresentare tutti i soggetti attivi di questo settore che sono alle prese con questa crisi devastante”.