Serrande calate. Di turisti in giro neppure a parlarne. Ristorantini a picco sul mare vuoti, deserti, senza colori né sorrisi. Tanti negozi fermi «perché adesso aprire non è conveniente». Silenzio di tristezza. Movida sparita. Vicoletti del centro storico orfani di quel solito caos di metà primavera. E striscianti timori per il futuro. Perché qui dove il mare luccica tira forte il vento della preoccupazione. Senza turismo, Sorrento rischia il crac. Oltre tre milioni di presenze l’anno, 10mila lavoratori stagionali col fiato sospeso, numerose aziende e realtà commerciali che ancora devono ripartire nonostante il lockdown sia finito. E’ un quadro allarmante per una capitale dell’accoglienza rinomata in tutto il mondo. E che forse dovrebbe essere maggiormente tutelata da chi, a Roma e a Napoli, è chiamato a decidere i destini della gente con decreti e ordinanze. Ecco perché il grido di dolore lanciato sia dal sindaco Giuseppe Cuomo sia da commercianti, balneari, albergatori e operatori dell’intera filiera turistica rappresenta qualcosa che deve incidere, indurre a riflettere coloro che hanno il dovere di difendere circuiti virtuosi ora in affanno.
Certo: Sorrento è terra ricca, che produceva oltre 500 milioni di euro di Pil ogni anno. Ma di questi soldi, il 90 per cento era dovuto proprio all’impatto del turismo. Dai driver ai bar, dai ristoranti ai charter del mare, dai camerieri al settore del wedding. E tanti, tanti altri ancora, tra cui privati legati in qualche modo ai fili di una città che deve trovare una rotta sicura. Sono tutti interpreti di svariati capitoli di una realtà messa a soqquadro dal “mostro” chiamato Covid.
E’ così Sorrento, è così tutta la penisola. Sbucati fuori dalla galleria di Seiano, attraversate le curve di Vico Equense, si arriva a Punta Scutolo con la cartolina che affiora all’orizzonte sempre vivace, ma con meno sussulti. Non ci sono bus nelle piazzole, non ci sono maree di turisti imbambolati per la visione di questa magnificenza della natura. A Meta, dove si creava il primo imbuto, è frequente imbattersi nella pattuglia di turno che fa i controlli anti Covid perché gli arenili sono blindati. Piano di Sorrento, cuore pulsante del commercio, convive con le sofferenze di piccole e medie imprese, tra cui decine di negozi segnati nell’animo e nel bilancio.
Si ravvivano, di sera, solo i punti panoramici sulla Marina di Cassano e della Marinella a Sant’Agnello, con decine di famiglie, anziani e giovani che rinnovano il voto di scorgere un tramonto romantico, sperando che possa condurre all’alba di una nuova epoca, più pensata e cauta, quindi maggiormente robusta. Che replichi all’attualità fragile di un motore già ingolfato da decenni di miopia politica e che ora non risponde ai colpi di acceleratore perché la benzina è finita. Magari frenando la voglia di raccontare sui social, con storie e vissuti, una realtà modificata, diversa da quella che si vive. Pure nascondendo incertezze, mostrando ciò che non si è per il gusto di non intaccare la corazza, cioè l’immagine che si dà per gli altri e che si pensa valga più della veridicità dell’attimo di vuoto. Gli ottimisti dicono che i turisti verranno già fra qualche mese, gli altri ipotizzano qualche anno di pausa. Sì, perché vincerà il cosiddetto “turismo di prossimità”. Vale a dire: poca roba, nulla in confronto a ciò che è stato. Altro che Grand Tour. Il quadrivio di Marano, l’ingresso di Sorrento, conduce a una città smarrita.
Prima del Covid spesso predominava una savana di lamiere e smog frutto di una comunità aperta, accogliente, indisciplinata e di corsa. Ora no, è cambiato tutto. In piazza Tasso i bar simbolo sono chiusi. Sempre affollati, icona di cordialità e professionalità oltre che di gusto, attendono regole certe e tempi migliori per ospitare clienti affezionati e turisti. Oltre che, cosa non secondaria, per assumere padri di famiglia e giovani che vorrebbero diventarlo consapevoli che per riuscirci servirà prima un lavoro.
Lo stesso avviene per altri locali dei vicoletti e del corso Italia. Roba spettrale. L’unica fila è alle farmacie. Massa Lubrense, l’angolo esclusivo di verde e Bandiere blu, condivide l’angoscia per una fase 3 che non si sa quando e come diverrà realtà. Ma un segnale incoraggiante arriva da alcuni hotel che, a dispetto di tutto, cercano di tornare in campo. Così come i lidi. Si tenta una reazione, un cenno di vita. Anche per motivare gli altri. Perché deve ricominciare il canto, come scrisse Dalla in Caruso. C’è però un alert, quello timbrato dagli inquirenti e dai magistrati Antimafia in informative e stimoli allo stato di allerta: le mafie hanno il momento opportuno per agire e allargarsi, riciclando, rilevando attività con liquidi sporchi e stringendo il cappio al collo di quella casba di operatori e gente comune che non sa più come sbarcare il lunario.