Torre del Greco. Archiviata la fase critica dell’emergenza sanitaria, Domenico Pesce – l’ex presidente della Turris accusato di avere distribuito pacchi alimentari con il marchio Unicef per «pilotare» la corsa elettorale – il meccanico Gennaro Savastano e l’imprenditore Vincenzo Izzo, finiti alla sbarra per una rissa alla vigilia del voto in vico Agostinella, sono tornati in aula per l’unico filone giudiziario dello scandalo sul voto di scambio all’ombra del Vesuvio arrivato a dibattimento. Un secondo round dopo sei mesi di stop – la prima udienza era stata celebrata a novembre del 2019 – aperto con una «staffetta» a capo del collegio: il posto da presidente è stato assegnato al giudice Maria Camodeca, con i colleghi Enrico Contieri e Gabriella Ambrosino a latere. La nuova formazione di magistrati ha portato, in primis, al rinnovo dello scontro sull’acquisizione di alcuni file audio estratti dallo smartphone del commercialista Simone Onofrio Magliacano – condannato a tre anni di reclusione, mentre il «socio in affari» Stefano Abilitato ha patteggiato due anni e dieci mesi – e, secondo la tesi delle difese dei tre imputati, ingiustamente «dimenticati» dalla procura. Elementi di prova ritenuti utili dall’avvocato Massimo Loffredo – difensore dello sponsor elettorale dell’attuale sindaco Giovanni Palomba – a dimostrare l’estraneità di Domenico Pesce alle ipotesi di reato avanzate dalla procura. Le conversazioni stralciate dal pubblico ministero dovrebbero essere acquisite durante la prossima udienza.
I primi testimoni
Messe da parte le schermaglie iniziali tra accusa e difesa, il processo è finalmente entrato nel vivo con la deposizione del primo testimone: il luogotenente della guardia di finanza Pierluigi Sorrentino. In particolare, al militare è toccato il compito di ricostruire la genesi dell’inchiesta e il «ruolo» dei vari imputati. A partire dal video mostrato dal maresciallo Angelo Disanto – il carabiniere-ombra del procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli – in cui compariva un uomo con una mazzetta di soldi all’interno di un bar a due passi dall’istituto comprensivo Cristoforo Colombo, in cui sarebbero stati consumati svariati casi di voto di scambio: «Riconobbi subito Giovanni Massella grazie ai nomi dei figli tatuati su un braccio», le parole del testimone eccellente. Proprio il capo dei netturbini-precari assoldati dai colletti bianchi incontrò poi il luogotenente della finanza, a cui rivelò i segreti delle elezioni comunali a Torre del Greco. Arrivando a tirare fuori anche il nome di Domenico Pesce, indicato come il referente del Centro Onlus incaricato della distribuzione dei pacchi alimentari all’ombra del Vesuvio per conto dell’Unicef. I successivi accertamenti degli investigatori avrebbero poi confermato i dubbi avanzati dalle «soffiate» dell’ex testimone di giustizia, figlio del boss Ciro Montella ucciso in un agguato di camorra al confine con Ercolano. Durante il contro-interrogatorio della difesa, tuttavia, sarebbero emerse alcune zone d’ombra sull’effettiva riconducibilità dei prodotti indicati dall’ex testimone di giustizia al Centro Onlus guidato da Domenico Pesce.
Il ruolo del factotum
A tratteggiare, invece, il ruolo dell’imprenditore storicamente impegnato nel sociale è stato il maresciallo Francesco Di Maio: il comandante della stazione Centro si è soffermato sulle varie «attività» di Domenico Pesce – a partire dal «fallimento» della Turris per finire con il naufragio di Mister Buy – e sul fatto che fosse universalmente riconosciuto come riferimento locale dell’Unicef.
La prossima udienza
Il prossimo appuntamento in aula è stato fissato per il 22 luglio, quando saranno ascoltati ulteriori tre testimoni e saranno esaminate le posizioni di Gennaro Izzo e del titolare della pescheria Don Do’, difesi rispettivamente dall’avvocato Luisa Faraone Mennella e dall’avvocato Maurizio Toscano. I due devono rispondere di un’aggressione «elettorale» a Stefano Abilitato nel quartiere di San Giuseppe alle Paludi.
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