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Giustizia, punto di non ritorno
AGORÀ
15 maggio 2020
Giustizia, punto di non ritorno
Antonio Pannullo

Antonio Pannullo*

Siamo, ormai, al punto di non ritorno ed è inutile girarci attorno. Perché la Giustizia in Italia riacquisica efficacia e efficienza necessita di provvedimenti drastici, sebbene impopolari. La politica eviti di guardare al consenso fine a se stesso, eviti di accontentarsi di provvedimenti roboanti e inutili e si assuma la responsabilità e il dovere del suo ruolo determinante. Di che parliamo? Di un provvedimento capace di far respirare la giustizia, l’amnistia e/o l’indulto. Un macigno nell’agone politico. Chi si prenderà per primo la responsabilità di alzare la mano e chiederlo. Allo stato nesssuno. I partiti sarebbero tacciati di voler liberare tutti, di lasciare impuniti i colpevoli di ogni sorta di reato a cominciare dai più efferati, giustizialisti a buon mercato che comincerebbero ad attingere alla loro forbita enciclopedica laurea acquisita su FB, populisti del nostro tempo che si gonfierebbero il petto del loro integerrimo integralismo di facciata. Ebbene, attualmente i giudizi che pendono da più di tre anni in attesa di fissazione del dibattimento sono 230.000 e quelli che attendono la fissazione in appello 110.000.

A questo dato si aggiunga che in Italia ogni anno vengono iscritti 1.600.000 notizie di reato che si vanno a sommare ad una cifra pari quanto ad arretrato. A questo va aggiunto un dato egualmente importante gli oltre 60.000 detenuti ( molti anche in attesa di un giudizio definitivo). Un immane carico giudiziario che non potrebbe essere mai smaltito ed “ad adiuvandim” si leggano anche le relazioni di diversi esponenti della Magistratura in occasione dell’inaugurazione dell’ultimo anno giudiziario.

Ed allora si finirà per accrescere la “discrezionalità” dei magistrati nello scegliere le priorità tra la loro immane messe di lavoro, si finirà per archiviare per manifesta impossibilità a procedere per tantissimi reati, si finirà per ingolfare ancor più le carceri italiane di incapaci a difendersi ( pure tra i colpevoli ci sono gli ultimi). Certo ci sono le alternative di cui si parla da anni, la depenalizzazione di alcuni reati, l’aumento delle risorse ( magistrati, cancellieri, operatori vari), fino a qualche artificio giuridico che se non fosse risibile sarebbe da paragonare al reato “a responsabilità limitata” citato nei suoi film da Totò.

Insomma in un paese sempre più reazionario e populista, sempre più accartocciato in un finto perbenismo , sarebbe gradito uno slancio liberale, riformista di una classe dirigente ormai prona allo 0,2 in più o in meno che il sondaggio settimanale commissionato ad arte ci propina. È l’ora di riappropriarsi di una cultura giuridica libera che sappia fare della amnistia e/o dell’indulto una bandiera di civiltà. È ora di fare appello a quegli uomini e donne che in maniera trasversale in Parlamento possono testimoniare che un paese gretto, reazionario, livoroso possa far posto ad un paese libero ma libero davvero.

(*Avvocato, ex sindaco di Castellammare)

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