Tornano a salire i contagi con l’incremento dei casi totali che è quasi raddoppiato, passando dai 451 di lunedì – il numero più basso dall’inizio del lockdown – agli 813 di martedì. Un dato su cui pesa sicuramente il maggior numero di tamponi effettuati rispetto al giorno precedente e che rappresenta comunque un monito, tanto che il ministro per le autonomie Francesco Boccia è tornato a ribadire che, in caso la curva riprendesse a salire, si dovrà necessariamente provvedere a nuove chiusure localizzate. Che saranno di esclusiva competenza dello Stato: la circolare del capo di gabinetto del Viminale Matteo Piantedosi ai prefetti chiarisce che non potranno essere i governatori a decidere se aprire o bloccare i ‘confini’: gli spostamenti potranno essere limitati solo con provvedimenti statali, adottati in relazione a “specifiche aree del territorio nazionale, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente in dette aree”. Il bollettino quotidiano della Protezione Civile dice che 16 giorni dopo l’avvio della Fase due i casi totali sono saliti a 226.699.
Ma quel che conta è l’incremento, doppio rispetto a ieri. Un dato su cui pesano i numeri della Lombardia: su 813 casi, 462 sono nella Regione più colpita, che rispetto a ieri fa segnare anche una risalita delle vittime – 54 nelle ultime 24 ore, mentre lunedì l’incremento era stato di 24 – e degli attualmente positivi: sono 27.291, 218 più di ieri mentre lunedì c’era stato un calo rispetto al giorno precedente di 357 malati. Che la Lombardia resti un problema lo conferma anche il rapporto tra contagiati e tamponi: se in tutta Italia è di circa 2 nuovi positivi ogni centro test fatti, a Milano e dintorni è ad oltre 4 su 100. Nel resto d’Italia, invece, il trend continua complessivamente la discesa e, almeno per il momento, non si registrano particolari ripercussioni dopo l’allentamento delle misure deciso il 4 maggio: continuano a diminuire i malati in terapia intensiva (716, rispetto a domenica 33 in meno) in tutta Italia, con i posti occupati dai pazienti Covid che sono ben lontani dalla soglia critica del 30%, i guariti sono quasi 130mila e per la prima volta dal 15 marzo i ricoverati con sintomi tornano sotto i diecimila (9.991).
Tutte le regioni restano dunque al momento a rischio ‘basso’, mentre è ‘moderato’ in Lombardia, Molise e Umbria. I dati dei prossimi giorni, che terranno conto anche delle nuove riaperture, diranno se il trend rimarrà quello attuale o se è destinato a risalire. In questo caso, ha ripetuto ancora il governo, si dovranno necessariamente richiudere aree del paese. “Col coronavirus bisognerà convivere e se ci dovessero essere problemi in una singola regione, quest’ultima dovrà chiudere perché non possiamo fermare le altre” dice Boccia ricordando che il primo check – salvo dati particolarmente critici – ci sarà il 3 giugno. Ripartirà, afferma il ministro, la mobilità tra le regioni” ma per quelle “che hanno rischio medio o basso”. Per chi, invece, avesse un “rischio alto, questo non sarà ritenuto opportuno”. Per quella data dovrebbe però finalmente essere pronta anche ‘Immuni’, la App per il contact tracing. E’ tornato a parlarne in commissione Giustizia al Senato il commissario Domenico Arcuri spiegando che l’applicazione è in fase di test e “verrà messa a sistema e fruibile per i cittadini a cavallo della fine di maggio”.
Parole identiche a quelle pronunciate 15 giorni fa alla Camera, con una sola novità: sarà l’agenzia Saatchi & Saatchi ad occuparsi, a titolo gratuito, della campagna di comunicazione per convincere gli italiani a scaricare l’applicazione. Nuove chiusure, ben prima del 3 giugno, sono invece state ipotizzate sia dal presidente del Veneto Luca Zaia sia dal sindaco di Palermo Leonluca Orlando: le immagini della zone della movida e dei mercati affollati come in tempi normali non sono piaciute ad entrambi. Ma i dati del Viminale dicono che nel primo giorno di riaperture gli italiani si sono comportati bene, visto che su 127.601 persone controllate, solo 608 sono state sanzionate.