A 10 giorni dalla riapertura delle attività in Campania, dopo il lockdown su un campione di 1000 imprese ad essere soddisfatti sono solo parrucchieri e barbieri, presi d’assalto dopo la chiusura forzata. Questi i risultati di uno studio di Confesercenti. Rispetto al 2019, infatti, hanno incassato fino al 100% in più, con un orario di lavoro che arriva anche a 14 ore. Crollo invece nel settore abbigliamento con una diminuzione del fatturato intorno al 90%. Peggio ancora la grande ristorazione, con un calo del 97-98%. Un po’ meglio il comparto dei piccoli ristoranti, trattorie e pizzerie. Qui – secondo lo studio di Confesercenti – dal lunedì al venerdì c’è una diminuzione degli incassi del 60-70% che diventa del 40-50% nel fine settimana nelle zone turistiche e storiche di Napoli, soprattutto sul Lungomare. Meglio vanno pizzerie, gelaterie e pub)che hanno circoscritto esclusivamente al “delivery” e al “take away” la produzione.
Per B&B, casa vacanze e pensioni la diminuzione è del 100% in questi primi 10 giorni di riapertura, chi ha aperto (visto che almeno il 40% ha deciso di aspettare) la domanda è infatti inesistente o quasi. Stessa cosa per agenzie di viaggio, guide, trasporti nel turismo e daccompagnatori). Per i Bar e simili, l’incasso medio giornaliero (-70% rispetto al 2019) è fino al 70% in meno, in un orario di lavoro che va dalle 9 alle 23. Tornando invece a dati positivi, rispetto al 2019 vanno meglio il comparto supermercati/salumerie/macellerie, che registrano un aumento dal 20% al 32%. “Le imprese – dice il presidente di Confesercenti Campania Vincenzo Schiavo – sanno che stanno facendo un salto nel vuoto, e che non c’è mercato. In più il reddito pro capite della Regione Campania è molto più povero di quello che abbiamo lasciato prima dell’emergenza: rispetto a 12 mesi fa si è impoverito del 25%”. Schiavo sottolinea l’assoluta crisi della filiera del turismo, degli alberghi, dei grandi ristoranti e del wedding: con il rischio di chiusure definitive se non ci sarà un sostegno ulteriore, nei prossimi mesi.
Certamente, osservano i ricercatori, l’urgenza dell’app ha imposto di lavorare con molta fretta, e per questo è opportuno che vengano chiamati supervisori, come è accaduto in Francia, Italia e Gran Bretagna. Sono almeno quattro, secondo gli esperti, i principi da rispettare: l’app deve essere uno strumento necessario, proporzionale, scientificamente valido e limitato nel tempo e propongono 16 domande chiave alle quali devono rispondere gli sviluppatori. “Il tracciamento dei contatti con l’app è eticamente giustificabile?” è uno dei quesiti, insieme alle domande che indagano se l’adesione è volontaria, se i dati sono riservati o se viene utilizzata solo per a scopo di prevenzione. L’utilizzo di questo strumento dovrà essere assolutamente corretto perché, osservano gli autori della lettera, “i governi potrebbero non avere una seconda possibilità” e “il fallimento ora potrebbe compromettere la fiducia del pubblico in futuro”.