Non cala la tensione al carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove nella notte sei agenti della Polizia Penitenziaria sono stati aggrediti da due detenuti extracomunitari che, dopo aver dato fuoco alla propria cella – il rogo è stato spento – sono stati portati in infermieria; durante il trasporto, i due reclusi si sono scagliati addosso ai poliziotti mettendo a soqquadro sia la sezione che l’intero corridoio. Tre agenti sono finiti in ospedale per le ferite riportate: uno lamenta un trauma cranico provocato da un colpo di sgabello. Sono stati infine denunciati all’autorità giudiziaria, e della vicenda è stato informato il provveditore regionale.
Agenti aggrediti: “Ci sentiamo abbandonati”
“Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni e dalla politica”, dice l’assistente capo della penitenziaria Gaetano Napoleone, al termine di un’altra notte di tensione e problemi con i detenuti, ieri nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dove alcuni detenuti hanno dato fuoco alla cella e dove sei agenti sono stati aggrediti, tre dei quali sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari. Ieri era atteso al carcere di Santa Maria Capua Vetere il vice-capo del Dap Roberto Tartaglia, che però non è venuto, acuendo la sensazione di abbandono negli agenti. In una nota congiunta, i sindacati delle poliziap penitenziaria, in particolare l’Uspp, l’Osapp, il Sinappe, Cisl, Uil e Cnpp, affermano che “il personale è stanco di subire aggressioni, per poi venire anche inquisito per tortura; i torturati siamo noi della polizia” dicono, riferendosi all’indagine della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che ha indagato 57 agenti della penitenziaria per i reati di tortura e abuso di potere, in relazione ai presunti pestaggi dei detenuti avvenuti nel carcere di Santa Maria il sei aprile scorso, durante l’emergenza Coronavirus. I sindacati hanno proclamato l’astensione delle mensa, e hanno indetto una manifestazione fuori al carcere per il 19 giugno prossimo per dire “giu le mani dalla polizia penitenziaria”.
Sindacati: “Ora bisogna tutelarli. Lettera congiunta al ministro Bonafede
I sindacati, dopo l’aggresione subita ieri sera da sei agenti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, chiede tutele sul posto di lavoro per i poliziotti indagati, come “l’allontanamento dei detenuti che hanno denunciato la polizia penitenziaria e dei detenuti più facinorosi, nonché la garanzia di adeguati posti di servizio non a contatto con la popolazione detenuta, a tutela dell’incolumità e della serenità del personale indagato”. In una lettera inviata, tra gli altri, al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e ai vertici del Dap, i segretari regionali Palmieri (Osapp), Gallo (Sinappe), De Benedictis (Uil. P.A.), Strino (PP FNS Cisl), Auricchio (Uspp) e Napoletano (Cnpp), chiedono anche “verifica urgente” sull’operato dei carabinieri relativa “alla procedura di notifica degli atti di polizia giudiziaria” che secondo i sindacati di polizia penitenziaria “è avvenuta nel mancato rispetto del diritto alla privacy e della riservatezza” determinando nocumento all’immagine dell’intero Corpo”.
Dal canto suo, Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato S.PP., “bisogna pressare la magistratura e tutte le autorità affinché prestino la massima attenzione sulla vicenda perché è in atto un percorso di destabilizzazione molto pericoloso del sistema penitenziario”. Ieri, Di Giacomo, ha reso noto che sono stati presentati esposti per tortura in ben undici procure. I sindacati, nella missiva, fanno anche una ricostruzione di quanto accaduto davanti al carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), il giorno in cui sono stati notificati i decreti di perquisione nell’ambito dell’indagin sui presunti pestaggi dello scorso 6 aprile, peraltro, viene sottolineato, “proprio quel giorno c’erano i colloqui dei familiari del Reparto Nilo, ossia quel reparto dove sono ristretti quei detenuti che erano stati protagonisti delle facinorose proteste e che hanno presentato denunce nei confronti dei poliziotti”. Per i sindacalisti, “altrettanto esagerata” sono state “la perquisizione domiciliare notturna effettuata a casa dei colleghi, in presenza di familiari e del vicinato che si è allarmato, alla ricerca di non si sa che cosa: ci chiediamo – si legge ancora nella lettera indirizzata al ministro – se siano queste siano le giuste modalità per portare avanti una indagine, nel rispetto delle persone e del Corpo di Polizia Penitenziaria. Ci sentiamo umiliati (nemmeno i delinquenti si fermano in questo modo), increduli, ingiustamente colpiti al cuore come appartenenti alle istituzioni”.