«Errare è umano ma perseverare è diabolico». Una frase durissima. L’ennesimo sfogo. Un altro grido di dolore. Ancora un allarme. Il magistrato antimafia Catello Maresca, noto per le sue battaglie contro il clan dei Casalesi, non digerisce la nuova circolare del Dap, pubblicata lo scorso 30 giugno, nella quale, evidenzia anche sul web il sostituto procuratore della Corte di Appello di Napoli, è previsto «al primo posto, l’importanza “di proseguire, ove possibile, il percorso già avviato, di progressiva riduzione del sovraffollamento delle strutture” e all’ultimo “di favorire l’applicazione di misure alternative alla detenzione per tutte le persone che presentano gravi patologie che possono essere significativamente complicate dal covid-19”. Non ci resta che sperare – scrive il magistrato – che non torni il Covid-19, altrimenti ci sarà sicuramente un altro “liberi tutti”. Praticamente – spiega Maresca – passa di nuovo il messaggio che nelle carceri non si possano assicurare dignitosi percorsi sanitari e terapeutici. Cosa peraltro non vera. E anche questa volta non fanno cenno alcuno ai mafiosi detenuti, né al 41bis, quasi non esistessero».
Sia chiaro: sul punto il ministero della giustizia smentisce. Dice che non v’è alcuna conferma di quelle disposizioni citate da Maresca né risultano essere presenti nei documenti le frasi citate. Il giudice anticamorra è un fiume in piena. «Inizio a pensare davvero – sottolinea Maresca – che aveva ragione Giovanni Falcone quando sosteneva che “se le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così… ma quando c’è da rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”…». Il magistrato ricorda anche che nei giorni scorsi, il Consiglio d’Europa, ha adottato un provvedimento con il quale vengono aggiornate le regole penitenziarie europee, risalenti al 2006: nel provvedimento, spiega, si prevede «sia limitato il più possibile il 41bis a casi specificatamente previsti», a causa dei deleteri effetti sulla salute. «Praticamente – conclude Maresca – l’ennesima picconata al carcere duro, baluardo alla lotta alle mafie, inventato da Giovanni Falcone». In una nota il ministero della Giustizia definisce «destituito di ogni fondamento», quanto riportato sul contenuto della circolare del Dap del 30 giugno 2020, e in particolare l’affermazione che nel testo sarebbe prevista «al primo posto, l’importanza “di proseguire, ove possibile, il percorso già avviato di progressiva riduzione del sovraffollamento delle strutture” ed all’ultimo “di favorire l’applicazione di misure alternative alla detenzione per tutte le persone che presentano gravi patologie che possono essere significativamente complicate dal covid-19”. La menzionata circolare del 30 giugno non contiene neanche una sola delle frasi virgolettate sopra riportate. Essa peraltro non riguarda, neanche indirettamente, il tema del sovraffollamento e delle scarcerazioni – precisa via Arenula -. Si tratta invece di una circolare che, proprio nella prospettiva del ritorno alla normalità (anche all’interno delle carceri) correlato alla cosiddetta fase 2, fornisce alcune indicazioni generali sulla ripresa delle attività trattamentali e dei colloqui all’interno degli istituti penitenziari. Proprio e solo a questi fini, la circolare fa riferimento alle indicazioni contenute in una “bozza” di protocollo predisposto da un gruppo di lavoro del ministero della salute, di cui si richiamano espressamente alcune e specifiche pagine, che riguardano l’isolamento precauzionale cui sottoporre i detenuti che rientrano in carcere in questa nuova fase sanitaria. Neanche i punti della bozza di protocollo espressamente richiamati dalla circolare contengono le espressioni virgolettate sopra riportate. È quasi superfluo specificare che ogni attività del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria è ispirata all’obiettivo irremovibile di garantire, in ogni modo possibile, il pieno rispetto del diritto alla salute dei detenuti all’interno degli istituti penitenziari e delle strutture sanitarie ad essi collegate» aggiunge il ministero, spiegando che la precisazione serve a «evitare che la diffusione di informazioni così palesemente errate e distorte finisca per ingenerare gravissimi affidamenti e, quindi, per turbare quel difficile equilibrio che connota le dinamiche penitenziarie e che tutti gli interlocutori del dibattito pubblico dovrebbero avere responsabilmente a cuore».