Quasi 350 arrivati in totale autonomia nella notte con una miriade di barchini, altri 85 salvati dalla Guardia Costiera in acque non di competenza italiana nell’indifferenza di Malta, Libia e Francia che non hanno risposto alle chiamate di soccorso, 60 salvati in extremis dalle motovedette dopo ore alla deriva, molti dei quali, denuncia Alarm Phone, svenuti, nuovi tentativi di fuga dai centri: i migranti continuano a partire da Libia e Tunisia sfidando il mare e il sistema dell’accoglienza rischia il collasso, anche in seguito alle difficoltà imposte dall’emergenza Covid. Una situazione complessa di cui si parlerà anche in Consiglio dei ministri. “Il momento è effettivamente difficile – ammette il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese che deve far fronte alle critiche dell’opposizione ma anche alle tensioni all’interno della stessa maggioranza – Questi arrivi continui sono inaccettabili, stiamo facendo tutto il possibile”. Il Viminale parla di un “contesto senza precedenti” dovuto al coronavirus e alla conseguente crisi economica che ha colpito non solo i paesi del nord Africa, alimentando “un eccezionale flusso di migranti economici” che tenta di raggiungere l’Ue. La conseguenza è un “flusso eccezionale” con “numeri elevatissimi” che si riversano su Lampedusa.
E infatti il problema più urgente è proprio l’isola delle Pelagie, l’ultimo lembo d’Italia che nelle giornate di bel tempo si vede dalle coste tunisine. Qui nel 2011, in piena primavera araba, arrivarono oltre 10mila tunisini con decine di sbarchi ogni giorno che mandarono in tilt l’isola. L’hotspot è al collasso: a fronte di 95 posti disponibili e nonostante il trasferimento in Sicilia di 410 migranti, ce ne sono ancora centinaia e altri 150 sono stati lasciati sul molo Favarolo. La trasferta di lunedì in Tunisia era finalizzata proprio a porre un freno a questa situazione, con un duplice obiettivo: chiedere maggiori controlli da parte delle autorità tunisine, a fronte di una disponibilità italiana ad aiuti economici e operativi, e un’accelerazione dei rimpatri. Su questo fronte qualcosa si è mosso visto che un’ottantina di tunisini sono tornati indietro con 4 voli. La ‘macchina’ si è dunque rimessa in moto dopo la fase più acuta dell’emergenza, ma per aumentare i numeri servirebbe un nuovo accordo con Tunisi, che però al momento non ha un governo in carica. Per cercare di alleggerire la situazione in Sicilia, il Viminale ha anche avviato la bonifica di un’area militare dove dovrebbero essere realizzati dei “ricoveri abitativi destinati al periodo di isolamento fiduciario dei migranti”. Tempi lunghi che l’Italia non può permettersi, come avverte il presidente della Sicilia Nello Musumeci. “Lancio un allarme serio: se alimentiamo la tensione senza dimostrare che lo Stato ha intenzione di cambiare metodo trasformiamo una situazione sanitaria in una situazione di ordine pubblico”. Per questo la soluzione più immediata resta quella della nave per la quarantena dei migranti. Anzi delle navi, perché l’obiettivo del Viminale è avere “almeno due unità” per un totale di 1.200 posti. “Entro la fine della settimana arriverà la nave in modo da non creare più “disagio alle comunità” assicura Lamorgese.
Dopo 3 gare andate deserte sono infatti arrivate 5 manifestazioni d’interesse per il bando da 4,8 milioni e la gara sarà assegnata entro venerdì. Dal ministro, che è in costante contatto con governatori e sindaci, arriva poi una richiesta alle regioni per un maggior impegno nella distribuzione dei migranti: “bisogna fare di più”, afferma, ottenendo un no secco dal Piemonte, a guida Lega. “Abbiamo già contribuito a sufficienza”. Anche il resto dell’opposizione attacca a testa bassa parlando di disfatta. “L’unico stato di emergenza vero è quello legato all’invasione di queste ore” dice Matteo Salvini mentre Lega e Fdi a Lampedusa hanno presentato una denuncia contro il ministro. Ma Lamorgese deve fare i conti anche con le tensioni all’interno della stessa maggioranza. “Finora non siamo riusciti ad ottenere i risultati che volevamo” afferma il leader del Pd Nicola Zingaretti mentre il ministro degli Esteri Luigi di Maio attacca l’Europa. “Chiedo all’Ue di dare una risposta: in una fase in cui c’è un rischio sanitario altissimo ci aspettiamo che la redistribuzione riparta subito”. Pd e M5s però non riescono ancora a trovare la quadra sulla modifica dei decreti sicurezza come chiesto dal presidente Mattarella oltre un anno fa. Domani ci sarà l’ennesima riunione al Viminale ma è già chiaro a tutti che ogni decisione slitterà a dopo le elezioni di settembre.