Potrebbe rivelarsi un ‘falso stop’ quello del candidato vaccino anti-Covid AstraZeneca-Oxford, la cui sperimentazione è stata sospesa in via precauzionale dopo che si è registrata una reazione sospetta – un’infiammazione spinale – in uno solo dei volontari partecipanti ai test. L’immunologo Alberto Mantovani, professore emerito di Patologia e direttore scientifico dell’Istituto Irccs Humanitas di Milano, sottolinea come sia prematuro parlare di ‘fallimento’ per uno dei candidati vaccini più avanti nelle fasi di sperimentazione. Ma la parola chiave è comunque “cautela”.
Nelle sperimentazioni per i vaccini “può succedere che si registrino reazioni non attese: per il vaccino ‘Oxford’ la sospetta reazione in un volontario potrebbe non essere legata al vaccino ma derivare da altre cause esterne”, afferma Mantovani. D’Altronde, sottolinea, “quello annunciato oggi è il secondo stop per ‘Oxford’: il primo qualche tempo fa sempre per una sospetta reazione in un volontario, ma poi si rivelò un falso allarme poichè la reazione si appurò non essere dovuta al vaccino”. Questo, ha aggiunto, “è un modo saggio e prudente di procedere, con la guardia alta.
Al momento non è detto che il nuovo problema insorto sia legato al vaccino, non c’è alcuna evidenza scientifica in tal senso”. Tuttavia, la prudenza resta d’obbligo poichè lo stop “arriva nel contesto di uno studio di fase 3, che è la fase decisiva in cui si guarda all’efficacia e che, in questo caso, coinvolge circa 30mila volontari in 4 Paesi”. Dall’immunologo di fama internazionale arriva dunque un invito “alla speranza e alla cautela”. Al momento, rileva, “sono oltre 300 i candidati vaccini, una decina quelli in sperimentazione clinica in varie fasi e ‘Oxford’ è uno dei più avanzati. I dati ottenuti finora vanno interpretati come un segnale di speranza perchè ci suggeriscono che questo ‘aeroplano’ può volare, ma non sappiamo ancora se ci condurrà sicuri alla meta.
Il vaccino dovrà essere indirizzato a miliardi di persone e dunque la sicurezza viene sempre prima di tutto”. “Io – prosegue Mantovani – avrei voluto un vaccino non oggi ma ieri, ma sono sempre stato prudente in merito alla previsione di poter avere un vaccino entro l’anno. Il punto è che c’è una dissociazione tra la posizione della comunità scientifica e le affermazioni che vengono dall’esterno. E’ importante che ci siano tanti ‘cavalli’ a correre, ma la cosa più importante è come si arriva al traguardo”. Per questo, è la posizione dell’immunologo, “faccio fatica a immaginare che ci possa essere un vaccino anti Covid disponibile entro il 2020, saremo fortunati se lo si avrà per il 2021. Mancano infatti evidenze scientifiche innanzitutto sulla durata della protezione vaccinale, che deve essere di almeno 6 mesi secondo gli standard dell’Oms”.
Per nessuno dei vaccini in sperimentazione, avverte, “ci sono evidenze scientifiche in merito alla durata della risposta immunitaria e alla durata della protezione garantita dal vaccino stesso”. Un aspetto cruciale, spiega, “è proprio che non sappiamo quanto duri complessivamente la risposta immunitaria, e nei pochi lavori finora pubblicati non si va oltre i 60 giorni”. Infine, conclude l’esperto, “non sappiamo ancora se ci sia un effetto protettivo nei soggetti più deboli a partire dagli anziani. Tutte risposte che arriveranno solo al termine delle sperimentazioni, che richiedono la massima cautela”.