Giuseppe Caruso, candidato con Noi Campania a sostegno di Vincenzo De Luca, quali sono le difficoltà che incontra un imprenditore che investe in Campania?
«Chi fa impresa nei nostri territori affronta ogni giorno difficoltà di ogni tipo. Penso, su tutte, all’eccessiva burocrazia di un sistema incapace di semplificare anche la più banale delle pratiche, all’inadeguatezza delle infrastrutture digitali. Un’inefficienza, quest’ultima, resa ancora più evidente in tempi di pandemia Covid nei quali lo smart working è diventato, per molte realtà, una necessità. Per ancora troppe realtà, invece, ci sono difficoltà legate addirittura all’erogazione di servizi primari. Insomma, chi fa impresa al Sud troppo spesso si assume un doppio rischio: quello d’impresa e quello legato alle inefficienze che di fatto incidono anche sul mercato. In questo contesto è sicuramente più difficile che le imprese scelgano il Sud. Io da imprenditore del Sud non mi arrendo. La mia azienda oggi ha una dimensione nazionale, ma io resto orgoglioso del fatto che la nostra sia un’azienda nata a Napoli e che a Napoli abbia il suo quartier generale. Ecco, io voglio portare questo spirito e queste istanze nella massima istituzione regionale, con De Luca Presidente».
Il modello assistenzialista che spesso viene inseguito dalla politica danneggia le attivita’ produttive?
«Faccio subito una premessa: misure come il reddito di cittadinanza hanno sicuramente aiutato tante famiglie in difficoltà. Però se passa l’idea che lo Stato ti da i soldi per stare a casa sul divano perché qualcun altro produce e paga le tasse al posto tuo allora siamo di fronte non solo ad un’ingiustizia, ma ad un cortocircuito del sistema. Io credo che si possa proprio ribaltare la visione: il Sud non è un territorio da sostenere con assistenzialismo, ma con una visione di sviluppo che attrae e crea lavoro. Non possiamo passare come quelli che con il cappello in mano aspettano un aiuto. Abbiamo competenze e capacità per fare in modo che le politiche di assistenzialismo non siano una regola, ma una sana eccezione».
Centri per l’impiego e ora i navigator, danno risposte adeguate a chi offre lavoro?
«Non danno risposte adeguate a nessuno. Nè a chi lavoro lo cerca né a chi il lavoro lo offre. E se viene meno questa funzione, noi non abbiamo fatto altro che creare altre figure precarie in una pubblica amministrazione inefficiente. Da questo punto di vista sposo appieno la posizione del Presidente De Luca. Purtroppo si sono usati questi strumenti per raccogliere qualche voto nel breve termine. Sarebbe invece servito più tempo proseguendo sulla strada intrapresa con l’introduzione del Rei e il lavoro e l’investimento sulle politiche attive».
Servirebbe un nuovo modello di formazione in Campania?
«Mi azzardo a dire che servirebbe un nuovo modello di formazione per l’Italia. Io faccio l’imprenditore in un settore importante che è anche uno dei fiori all’occhiello del made in Italy: l’arredamento, il design, la filiera del legno. Sono indubbiamente settori che impegnano artigiani, operai, donne e uomini con un know how unico. Eppure spesso facciamo tanta fatica ad individuare figure professionali utili per le nostre aziende. In Regione proporrò una cosa molto semplice: scuola, impresa e centri per l’impiego – che sono gestiti dalla Regione – dovranno essere tre soggetti capaci di parlarsi. E la parola d’ordine dovrà essere una sola: formazione. Con uno schema molto semplice: io, Stato, ti do un sostegno economico come il reddito di cittadinanza. Tu, in cambio,ti rendi disponibile a formarti e ad entrare prima possibile nel mondo del lavoro smettendo di gravare sulla collettività».