La colonna di fumo proveniente dalla vasche borboniche del Villaggio Vesuvio, a San Giuseppe Vesuviano, s’è alzata poco dopo le dodici di ieri mattina. Un cumulo di rifiuti cancellato dalle fiamme ha sprigionato, ancora una volta, nell’aria sostanze tossiche che hanno finito poi per travolgere i quartieri nella zona a nord della città vesuviana. Si tratta dell’ennesimo scempio all’ombra del Vesuvio. Un disastro ambientale – ma non è la prima volta che quella zona viene presa d’assalto da criminali spregiudicati – che svela il doppio interesse attorno a cui ruota il business della “monnezza”: in primis lo sversamento illecito, spesso appannaggio della criminalità organizzata che sull’abbandono dei sacchi di rifiuti ha costruito la propria fortuna, e poi il lavoro nero, perché spesso ad andare in fiamme sono gli stracci delle decine di laboratori tessili che lavorano sul territorio e sono sconosciuti al Fisco e alla Legge. Com’è capitato ieri mattina nella zona a nord di San Giuseppe Vesuviano, ad andare in fiamme una montagna di cumuli di stracci. I bustoni neri chiusi con lo scotch, oggi sono ridotti a un po’ di polvere. Mentre gli alberi anneriti dagli incendi, presto s’arrenderanno. Nonostante le denunce degli ambientalisti, proprio durante le fasi più dure dell’incendio, è mancato lo Stato. L’intervento di vigili del fuoco e agenti della polizia municipale, con forte ritardo, non ha consentito di porre rimedio allo scempio ambientale. I pompieri, impegnati in un’altra emergenza, sono arrivati quando le fiamme avevano già divorato tutto, anche i caschi bianchi allertati hanno tardato ad arrivare. E mentre si sversa e i controlli mancano, il territorio continua a morire. Segnale che i roghi di qualche estate fa non hanno insegnato nulla.
ULTIM’ORA
18 ottobre 2020
Vanno a fuoco le discariche nelle vasche borboniche di San Giuseppe Vesuviano