«Quando mi hanno avvertito non ci ho pensato su due volte. In pantofole, ho raggiunto la salumeria e ho dato loro biscotti, merendine, acqua… Ho fatto una cosa del tutto normale». Rosa Esposito è l’icona di umanità di questa storia. Senza timore, ha aperto il suo cuore ai 16 migranti sbarcati a Ieranto e li ha rifocillati con generosità tanto da divenire un esempio vero di accoglienza e integrazione. Gestisce da qualche anno la salumeria del borgo di Nerano che, di solito, specialmente in estate, è presa d’assalto dai bagnanti.
Che cosa ha provato quando ha visto i 16 immigrati?
«Ho visto la fame, la stanchezza, la paura. Avrei voluto abbracciarli, uno ad uno, per dare loro conforto. Credo di aver fatto una cosa giusta, da essere umano. Chi è che non aiuta una persona in difficoltà, che soffre, che chiede da mangiare e da bere? Può capitare a chiunque ritrovarsi in condizioni di bisogno. Mi fa piacere che ciò che sia accaduto abbia portato un po’ di calore in quelle persone che vengono da lontano. Ma non voglio passare per eroina. A proposito, mi faccia aggiungere una cosa».
Prego signora.
«Io penso che di questi tempi di preoccupazione, in cui ci sono la pandemia e il timore del contagio, non bisogna avere paura a riconoscere la normalità e la semplicità. Ecco, io sento di aver fatto una cosa tutt’altro che sensazionale, chiunque al mio posto avrebbe fatto lo stesso».
Ha avuto l’opportunità di parlare con i 16 migranti?
«No, erano silenziosi. Era il loro sguardo a parlare. Quando dopo aver distribuito il cibo e l’acqua li ho visti seduti su un muretto, mi hanno ringraziato con un piccolo cenno. Li ho salutati. Spero che possano trovare pace».