Senza controlli e sanzioni adeguate, lo shopping di Natale rischia di produrre a gennaio lo stesso effetto sul virus che ha avuto ad agosto l’apertura delle discoteche e l’allentamento di tutte le misure: l’arrivo di una nuova ondata di Covid, che stavolta però sarebbe la terza e sarebbe ancora più insidiosa perché coinciderebbe con il picco dell’influenza stagionale e perché il sistema sanitario è sotto pressione da settimane.
E’ il Comitato tecnico scientifico a lanciare l’allarme e a chiedere alla politica di procedere con cautela in vista del nuovo Dpcm con il quale dal 4 dicembre dovrebbero essere ridotte le restrizioni almeno fino a Natale, per evitare il colpo di grazia a settori già duramente provati, a partire dalle attività commerciali e dalla ristorazione. L’obiettivo dichiarato dallo stesso premier Giuseppe Conte è quello di “permettere all’economia di crescere” e dunque, almeno questo è l’intento del governo se le misure adottate a partire dal 24 ottobre freneranno la curva dei contagi e porteranno la maggior parte delle regioni in fascia gialla, di dare il via libera alle riaperture. Per il momento il bollettino giornaliero del ministero della Salute descrive ancora una situazione difficile: i 28.337 nuovi casi delle ultime 24 ore sono sì seimila meno di ieri, ma scontano il minor numero di tamponi, quasi 189mila, ben 48mila meno di sabato.
Ed il rapporto tra positivi individuati e test effettuati è risalito di mezzo punto ed è al 15%. Anche il numero di vittime risente della riduzione dei test (562 in un giorno, 130 in meno) mentre quelli sull’occupazione dei posti letto negli ospedali sono indicativi di quanta cautela sia ancora necessaria. Dopo il calo di ieri, con soli 10 ricoveri, i pazienti nelle terapie intensive sono tornati a crescere di 43 unità per un totale che ha superato i 3.800 ed è sempre più vicino al record assoluto di 4.068 raggiunto il 3 aprile. Nei reparti ordinari l’incremento è invece di 216, più del doppio rispetto alle 24 ore precedenti, per un totale di 34.279. Ma lo shopping nel periodo che precede il periodo natalizio rappresenta una fetta fondamentale del fatturato di migliaia di attività produttive del made in Italy: nel 2019, ha calcolato la Coldiretti, solo i regali sotto l’albero sono valsi 5,1 miliardi, una spesa di circa 220 euro a famiglia. Allo studio c’è quindi la possibilità di allargare le fasce orarie di apertura dei negozi, compresi i centri commerciali al momento chiusi nei fine settimana e nei festivi, contingentando gli ingressi, soprattutto nelle strutture più grandi. Una misura che rischia di non bastare. “Per evitare l’assembramento da shopping di Natale – dice all’ANSA il coordinatore del Cts Agostino Miozzo – ci vorrà un monitoraggio rigoroso. E sanzioni rigorose”. Altrimenti, è la conclusione degli scienziati, “salta tutto e a gennaio ci troviamo con la terza ondata” del virus.
Che fare, dunque? Una delle ipotesi sul tavolo è quella di contingentare non solo gli ingressi negli esercizi commerciali ma anche l’accesso a determinate strutture, strade e piazze dove si concentra lo shopping, soprattutto nelle grandi città, sulla scia di quanto già fatto con la possibilità per i sindaci di chiudere i luoghi della movida. Ci sarà anche un piano per il potenziamento dei controlli da parte delle forze dell’ordine, ma di quello si comincerà a discutere al Viminale quando le misure prenderanno forma, così come delle eventuali sanzioni per chi non rispetta le norme. L’altro tema ancora molto dibattuto all’interno del governo riguarda gli spostamenti tra regioni, fermo restando che tutte siano in fascia gialla.
“Dobbiamo valutare l’andamento della curva nelle prossime due settimane, solo in base a quella si potrà decidere. Però – dice Miozzo – sappiamo già che gli spostamenti interregionali sono stati” in estate “una causa di importante diffusione del virus”. Dunque anche in questo caso, se si deciderà di consentirli, “perché è vero” che con l’arrivo del Natale “ci sono esigenze di carattere sociale importante”, saranno fondamentali “i controlli, la possibilità di fare autonomamente dei tamponi rapidi e ovviamente il rispetto rigoroso delle regole”. Da parte di tecnici ed esperti c’è invece forte contrarietà alla riapertura degli impianti sciistici. Perché, lo hanno ribadito più volte, la priorità deve essere data alla scuola e perché dando il via allo sci non sarebbe certo possibile mantenere un divieto per palestre e piscine, anche alla luce degli interventi fatti dalle strutture per mettersi in regola con le disposizioni.