Qualificazione all’Europeo e promozione nella serie A della Nations League, Marco Rossi in una settimana ha portato l’Ungheria nell’Olimpo del calcio europeo. Prima da calciatore al Campania Puteolana e poi da allenatore alla Cavese e alla Scafatese Marco Rossi è partito dalla nostra terra e, infatti, ha ancora casa a Pozzuoli. Per saperne di più sul suo percorso, l’abbiamo intervistato viaggiando dai ricordi italiani all’avventura da commissario tecnico dell’Ungheria.
Qualificazione all’Europeo e promozione alla Serie A della Nations League, meglio di così non poteva andare. Le è capitato di ripensare al suo percorso in questi giorni?
“Quando abbiamo preso la Nazionale con il mio staff, giocavamo nella serie C della Nations League e avevamo un girone per le qualificazioni europee con Croazia, Galles, Slovacchia e Azerbaigian, nemmeno il più ottimista di noi a settembre 2018 avrebbe pensato ai risultati che abbiamo ottenuto. Vincendo in Galles all’ultima giornata addirittura saremmo andati all’Europeo senza passare per i play-off, poi fortunatamente ce l’abbiamo fatta battendo Bulgaria e Islanda. Devo tanto anche al mio staff, con Cosimo Inguscio, Giovanni Costantino e purtroppo abbiamo perso strada facendo Gigi Febbrari ed Enrico Limone”
Ha più volte raccontato le delusioni in Italia, i ricordi tornano nella sua mente di tanto in tanto? Ha mai avuto nostalgia?
“No, quando sono venuto in Ungheria ho voltato pagina, mi è rimasta dentro la ferita di Cava de Tirreni, dove mi aveva portato il direttore sportivo Maglione, purtroppo abbiamo avuto entrambi la sfortuna d’incontrare il presidente Spatola. A febbraio 2011 in Cavese-Taranto ho vissuto un episodio bruttissimo in tribuna nei confronti di mia moglie e mia figlia. So che a Cava c’è tanta brava gente e che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio ma fu un episodio gravissimo perché premeditato. In quel momento ho capito che in Italia non c’era più spazio, non ho trovato abbastanza cultura sportiva. Fui esonerato e cominciai a meditare ad una svolta alla mia vita, all’età di 47 anni mi sono messo completamente in gioco andando via durante il mese di giugno del 2012, so di aver corso un rischio pe sono contento di averlo fatto. Mi dispiace che tanti giovani fanno come me, vanno all’estero perché in Italia non riescono a realizzarsi sotto il profilo professionale”
In Campania ha vissuto un’altra esperienza molto significativa alla Scafatese. Che ricordi ha di quell’avventura?
“A Scafati mi portò un ex compagno di squadra al Campania Puteolana, ho vissuto una situazione lunare, neanche il doppio allenamento potevamo fare. Al ristorante facevamo a turno: una volta offrivo il proprietario del locale, in certe situazioni io, non prendemmo un euro in sei mesi ma resta l’orgoglio di aver conquistato, una grande soddisfazione condivisa con i calciatori, un miracolo. Dopo l’avventura a Scafati e Cava, tra febbraio 2011 e giugno 2012 ho ricevuto solo un paio di telefonate ambigue, mi facevano capire che dovevo portare lo sponsor per allenare, poi fortunatamente è nata l’opportunità Honved con il direttore Cordella. Non ho nessuna acredine, non voglio neanche più parlarne, probabilmente continuerò a lavorare all’estero”
Il talento più importante dell’Ungheria è il centrocampista offensivo Szobozslai del Salisburgo, accostato anche al Napoli. Cosa ci può dire del suo futuro?
“Posso solo dire che oltre ad essere un gran talento è un ragazzo molto motivato, seguito bene dal padre e dall’agente. Gli ho solo consigliato d’integrare la sua preparazione con lavori supplementari per colmare qualche debolezza fisica e di andare in una squadra di vertice di un campionato importante a livello europeo. Il trasferimento in Italia gli farebbe bene perché si completerebbe anche sotto il profilo tattico ma bisognerebbe dargli tempo. Bisogna fare un investimento di 30 milioni per prenderlo e in questo momento sportivo sarebbe opportuno crederci con insistenza, in serie A spesso non c’è pazienza. Mi preme solo che giochi, se dovesse andare al Napoli mi farebbe piacere, così quando sono a Pozzuoli posso seguirlo vicino casa e mi faccio offrire una pizza”
Viene spesso a Pozzuoli?
“Poche volte, ancora di meno poi in questo periodo a causa della pandemia. Sono impegnato tanto con il mio staff, seguiamo tutte le partite del campionato ungherese per professionalità e rispetto nei confronti di chi ci ha dato un’opportunità così importante”
A che punto è il calcio ungherese? Cosa manca per crescere ancora di più?
“Ci sono infrastrutture all’avanguardia, un anno fa abbiamo inaugurato la Puskas Arena, una struttura bellissima sotto il profilo architettonico, ci sono bellissime accademie per i settori giovanili, dovrebbe crescere secondo me il know-how degli allenatori che seguono i ragazzi nell’età sensibile”
La pandemia ha reso molto più dura la vita per le Nazionali, si discute tanto dell’opportunità di queste gare a causa del rischio contagi. Come avete vissuto questo periodo?
“Sono stati tre mesi difficilissimi, abbiamo dovuto far fronte alla mancanza di giocatori, prima perché alcuni a settembre non trovavano ancora squadra, poi per gli infortuni. Abbiamo avuto problemi soprattutto con i club tedeschi che sono poco collaborativi e provano a sfruttare le regole speciali che non consentono di mandare i giocatori in Nazionale al verificarsi di certe condizioni. Abbiamo perso prima i due ragazzi del Lipsia, poi quello del Friburgo, nell’ultima partita non abbiamo avuto Szoboszlai. I club dovrebbero capire che non si tratta di partite amichevoli ma di gare ufficiali, con la promozione nella serie A della Nations League siamo entrati nella terza fascia per i sorteggi dei gironi per le qualificazioni ai Mondiali. Bisogna essere diplomatici e raggiungere i compromessi con i direttori e gli allenatori preoccupati”