Ci sarebbe da ridere, se la situazione non fosse così drammatica. Se questo cabaret politico (tra l’altro visto e rivisto) non stringesse sempre di più, giorno dopo giorno, il cappio al collo di una città moribonda.Sembra «Natale in casa Cupiello», e ci perdonerà il grande Eduardo se infiliamo il titolo del suo capolavoro in questo breve articolo che racconta la farsa della riappacificazione in nome delle poltrone portata in scena da una classe politica che non mostra più alcun ritegno né vergogna. Fino a ieri, erano tutti nemici giurati, spargevano veleni e si tendevano agguati senza esclusione di colpi, oggi, miracolosamente, si ritrovano tutti d’amore e d’accordo, fianco a fianco in calce a una letterina che ha il sapore di quella recitata da “Tommasino” seduto davanti a una tavola apparecchiata. «Mi voglio cambiare», scrivono i responsabili dei partiti che brindano sulle macerie di una città stuprata dal malgoverno degli ultimi decenni.Il manifesto, scritto in «data odierna» con un richiamo agli indimenticabili fratelli Caponi, è una dichiarazione d’amore al sindaco Vincenzo Ascione ed è il sunto di un matrimonio di interesse al quale è “accluso” un documento programmatico coi baffi, scritto da chi, appena 24 ore prima, se ne stava dall’altra parte della barricata a lanciare strali e accuse da procura della Repubblica. Tutto svanito per incanto, tutto dimenticato in una notte di passione, tutto rimandato alla prossima guerra, che ovviamente ci sarà, statene certi, quando torneranno gli appetiti. Si sà, in questo mondo «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma», e così i litigi son diventati patti, le accuse si son trasformate in complimenti. Insomma, sempre per citare cose che andrebbero studiate a fondo, «il fine giustifica i mezzi». E il fine, ovviamente, è anche il potere in un momento in cui si devono gestire un bel po’ di milioni di euro di investimenti pubblici. Ma sia nella letterina appesa tra tante palle all’albero di Natale di Palazzo Criscuolo, sia nel lungo documento “accluso”, scritto da chi puntualmente promette, disattende e si ricicla da oltre trent’anni, manca qualsiasi riferimento al peccato originale che pesa sulla coscienza degli ultimi due sindaci. Si parla di «salute e qualità ambientale», di «sviluppo» e di «cultura», ma non compare mai la parola «Cisterne», forse perché in nome delle poltrone persino la costruzione di nuove impianti di idrocarburi sul mare diventa una mano tesa all’ambiente, allo sviluppo e alla cultura.Come dire, tornando a Tommasino: «Auguro cento anni pure alla città, però con qualche malattia. Questa è la proposta».
CRONACA
24 dicembre 2020
«Mi voglio cambiare»: la letterina sotto l’albero del sindaco Ascione