Se si può servire cibo in sicurezza a pranzo, allora si può farlo anche a cena, quando invece è vietato. Così ristoratori di varie parti d’Italia si preparano a una ‘disobbedienza gentile’ contro le limitazioni anti-Covid, aprendo venerdì sera i loro locali dopo le 18. Come ogni protesta nata sui social, questa ha un hashtag, #ioapro, e gli organizzatori parlano di 30mila adesioni, ma è difficile fare previsioni. Anche perché c’è chi condivide lo spirito ma non la forma della contestazione. “Il Covid è un pericolo reale e se gli esperti dicono di chiudere non possiamo che seguire in maniera scrupolosa l’indicazione – ragiona Mauro Uliassi, chef dell’omonimo ristorante con tre stelle a Senigallia (Ancona) -. La protesta eventualmente va fatta per ottenere finanziamenti necessari alla sopravvivenza delle nostre attività”.
Se nel cuneese un 29enne non ha avuto paura di raccontare in tv che tiene il suo pub aperto oltre i limiti orari “per non fallire”, alcuni suoi colleghi campani hanno portato la protesta in A1: guidando a passo d’uomo e hanno creano file di diversi chilometri, e una delegazione ha fatto rotta verso Roma, chiedendo di essere ricevuta a Palazzo Chigi. Hanno invece preso carta e penna le associazioni regionali del comparto ristorazione della confederazione Tutela nazionale imprese (Tni): ai prefetti e ai ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico, Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, hanno chiesto di mettere fine a misure restrittive “inique e discriminatorie” e di riconoscere lo stato d’emergenza economica “con la previsione di immediati risarcimenti per i danni causati da chiusure e limitazioni”. E’ un settore “allo stremo”, per dirla con il presidente di Fipe Confcommercio, Lino Stoppani, secondo cui però “la legalità resta un prerequisito che non si deve mai mettere in discussione”.
“In un mese abbiamo impegnato risorse per oltre 350milioni di euro, rispondendo così alla totale richiesta arrivata dal mondo della ristorazione”, è intervenuta la ministra delle Politiche agricole e alimentari, Teresa Bellanova, chiarendo che sono 46.692 le domande per il Bonus Ristorazione. Ai malumori di chi da mesi fattura poco o nulla o dei dipendenti in cassa integrazione, hanno dato risonanza Luca Zaia e Matteo Salvini. “Non sono scandalizzato dalle proteste, mi metto nei panni di questi operatori, non solo bar e ristoranti ma anche palestre e altri negozi che lavorano di mobilità”, ha detto il governatore del Veneto, mentre il leader leghista ieri si è fatto testimonial di #ioapro, l’iniziativa lanciata sui social da tre ristoratori, Momi di Firenze, Umberto Carriera di Pesaro e Antonio Sandri di Sassuolo.
“Nessun politico deve approfittare della nostra protesta, nata solo per difendere i diritti degli imprenditori e dei loro dipendenti”, chiarisce Lorenzo Nannelli, avvocato fiorentino che coordina un pool di 34 legali pronti in tutta Italia a impugnare le multe a cui inevitabilmente si espongono i ristoranti e i loro clienti. “Si servirà da mangiare come a pranzo – spiega l’avvocato -, con mascherine e distanziamento, portando il conto alle 21.45 per rispettare il coprifuoco”. Luci e musica accese, tutti a tavola ma senza servire la cena, è invece l’iniziativa della Tni, alla quale aderisce anche RistoItalia con il suo presidente onorario Gianfranco Vissani. “Ci stanno uccidendo – attacca lo chef stellato -. Tanti nostri dipendenti sono in attesa della cassa integrazione e il decreto Ristori è solo una mancetta”.