Se sei stato online, è quasi impossibile che la tua esperienza non sia stata plasmata dai bot (abbreviazione di robot). Questi blocchi di codice automatizzati, pre-programmati per eseguire una determinata attività più e più volte, rappresentano fino al 39% dell’attività sul web. Sono veri e propri algoritmi di intelligenza artificiale in grado di analizzare e comprendere, in maniera più o meno esatta, il linguaggio di utenti in carne e ossa che interagiscono con loro ed in grado anche di apprendere dai loro errori.
Internet è molto diffuso, stime suggeriscono che entro la fine del 2019 circa 4,1 miliardi di persone erano online, oltre la metà della popolazione mondiale, non è certo una novità, la cosa più sorprendente, forse, è che gli utenti umani sono quasi in inferiorità numerica rispetto a quelli non umani. Governati da istruzioni codificate, questi bot si muovono nel sottobosco web, in gran parte nascosti, navigando in siti Web, facendo clic su collegamenti, scaricando contenuti e digitando testo.
Esistono vari tipi di bot
Fino all’1% proviene dai web crawler, essi sono bot tecnici noti come spider(ragni), che si aggirano per i siti Web estraendo informazioni come testo e link che determinano dove vengono visualizzate le pagine nei risultati di ricerca. Ogni motore di ricerca, da Google a Bing, ha il suo esercito di “ragni”.
Poi esistono i chatbot, software che, sfruttando intelligenza artificiale e apprendimento automatico, sono in grado di simulare una conversazione con un utente che li interpella. Oggi le loro capacità di analisi del linguaggio e la loro abilità nel formulare risposte sempre più complesse stanno crescendo molto velocemente. La grande tendenza nel mondo dei chatbot, però, è quella dell’assistenza al cliente delle aziende.
E veniamo a quella che forse è la tipologia di bot con cui abbiamo avuto già a che fare, se usiamo i social: i bot-social. Questi ultimi sono ormai diventati una presenza fissa all’interno dei social network sotto forma di profili falsi. Esistono programmi in grado di creare decine di account falsi utilizzabili poi per gli scopi più vari. C’è chi li utilizza, ad esempio, per gonfiare il numero di follower su Twitter e Instagram e far credere, così, di essere più celebri di quanto si sia in realtà. I bot “social”, però, stanno acquisendo una dimensione sempre più politica. Infatti, sono sempre di più gli account legati a personaggi pubblici che fanno ricorso ai bot per avere a disposizione una vera e propria “cassa di risonanza” sempre pronta a rilanciare i loro messaggi.
Per arginare questo fenomeno i social lanciano spesso campagne tese a scovare profili falsi con lo scopo di evitare che questi bot possano essere utilizzati per rilanciare fake news e alimentare, così, l’odio che è presente già nel web.
Anche se per la maggior parte noi umani ancora superiamo in astuzia questi robot liberi di girare il web, loro stanno diventando sempre più intelligenti e distruttivi, in grado di destabilizzare tutto, dai mercati finanziari al dibattito pubblico e persino le nostre fonti di conoscenza condivise. Solo comprendendo il loro ecosistema segreto e complesso possiamo sperare di domarli.
Davide Capricano