Da qualche giorno online si parla molto di Clubhouse, una app relativamente giovane nata nel marzo 2020 da una società fondata da un ex dipendente Google e da un imprenditore della Silicon Valley. Ma cos’è precisamente Clubhouse? Sul sito ufficiale, Clubhouse viene descritta come “un nuovo prodotto social basato sulla voce che permette alle persone, ovunque si trovino, di chiacchierare, raccontare storie, sviluppare idee, approfondire amicizie e incontrare nuove persone interessanti in tutto il mondo”. In pratica, Clubhouse è una app che permette di discutere solo ed esclusivamente a voce all’interno di “stanze” che possono essere a tema o non, che chiunque può aprire e la cui partecipazione varia da una manciata di persone a svariate migliaia.
Clubhouse è un social sicuramente innovativo poiché mette al centro la voce e l’ascolto. Una volta chiusa una stanza, i messaggi audio non vengono registrati ma scompaiono. Una caratteristica che rende l’app sicura e riservata. Gli utenti non sono tutti uguali: nella stanza si può essere moderatori, speaker o ascoltatori. Al moderatore spetta il compito di creare la conversazione, invitare gli speaker e dare o togliere loro parola, espellere utenti dalla stanza. Gli speaker sono coloro che, come dice la parola stessa, parlano; gli ascoltatori possono assistere e chiedere di intervenire. Un altro particolare che rende Clubhouse un social differente rispetto agli altri è la modalità di iscrizione. Ci si può iscrivere solo se invitati da un altro utente.
Elon Musk è sempre presente
Nella serata di domenica 31 gennaio, il fondatore di Tesla è sbarcato sul nuovo social, ospite della stanza organizzata dal venture capitalist Marc Andreessen. In pochi secondi oltre cinquemila persone hanno invaso la stanza di Elon Musk causando una sorta di “sold out”, tanto da far nascere nuove stanze che si limitavano a trasmettere in streaming quello che Musk stava dicendo nell’altra. Questo è stato il primo vero grande “evento” di Clubhouse, con risonanza globale e che ha rischiato di mandare in tilt i server del social.
Clubhouse per il momento è disponibile solo per AppStore, ossia per i dispositivi Apple. L’azienda però sta trovando una giusta strategia per sbarcare anche sul mondo Android. Clubhouse inoltre è un “social” radicalmente diverso: nel momento in cui si individua una stanza bisogna ascoltare, capire di che cosa si parla. I ritmi con i quali si “controlla” il social sono inevitabilmente molto più lenti, secondo alcuni “sembra di ascoltare un podcast e di poterlo modificare durante l’ascolto”. Un altro mondo rispetto a quello di Instagram e Facebook che ci fanno vivere di scroll, like e poca attenzione.
Davide Capricano