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Rigore e sprint vaccini: il governo-Draghi alla prova del Covid
CRONACA
13 febbraio 2021
Rigore e sprint vaccini: il governo-Draghi alla prova del Covid

Roma. Nessun allentamento delle misure anti contagio e avanti con la linea della massima prudenza, vista anche la diffusione sempre più estesa delle varianti del virus. Accelerazione della campagna vaccinale rimanendo però ben ancorati all’Europa. Archiviato il giuramento e il primo Consiglio dei ministri, il governo Draghi per affrontare l’emergenza Covid parte da alcuni punti fermi e con qualche incognita, prima tra tutte quella legata alla fornitura dei farmaci. L’argomento non è stato affrontato direttamente nel Cdm ma dell’emergenza si è parlato a margine e sarà uno dei primissimi temi con i quali l’esecutivo dovrà confrontarsi. Lo stesso premier lo ha ribadito ai ministri, come aveva già fatto nel suo primo e finora unico discorso pubblico: “ci ha detto – spiega la ministra per la Disabilità Erika Stefani – che la priorità è il piano vaccinale e che dobbiamo ancora affrontare l’emergenza sanitaria”. Come, lo spiegherà probabilmente lo stesso Draghi nel discorso per la fiducia in Parlamento, ma la conferma al ministero della Salute di Roberto Speranza è già di per sé un segnale: dare continuità e non stravolgere del tutto l’azione di contrasto alla pandemia, anche se dei correttivi ci saranno. Il primo nodo da affrontare è l’approvvigionamento dei vaccini. L’Italia continuerà a muoversi a braccetto con l’Unione Europea per gli acquisti, su questo non ci sono dubbi e dunque non verrà percorsa alcuna strada alternativa, a partire da quella che porta al vaccino russo Sputnik o a quello cinese, almeno fin quando non verranno approvati dall’Ema e non verranno definite intese a livello Ue. Nei colloqui con i partiti, Mario Draghi ha però fatto sapere di attendere “a breve” dalla Ue “notizie positive” per quanto concerne i contratti con le case produttrici: Bruxelles sta trattando per avere più dosi e per riconvertire una serie di stabilimenti nell’Ue, Italia compresa, alla produzione. Operazione che, se dovesse andare in porto, richiederà comunque mesi. Nell’immediato, dunque, l’obiettivo è avere più vaccini per far decollare la campagna di massa. “Si sta lavorando affinché nel momento in cui arriveranno in maniera massiccia – sottolineato fonti di governo – il sistema possa funzionare al meglio”. Già la prossima settimana Draghi potrebbe avere una serie di incontri con le strutture tecniche che fanno capo a palazzo Chigi, a partire dal Commissario per l’emergenza Domenico Arcuri. Un percorso era comunque stato delineato e fissava un obiettivo importante: vaccinare da marzo 400/500mila persone al giorno, 6 milioni di italiani al mese, 48 entro la fine di ottobre. Per raggiungerlo, il ministero punta sull’accordo con i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, un possibile esercito di 70mila vaccinatori. Se ognuno di loro facesse 5 somministrazioni al giorno, si arriverebbe a 350mila, alle quali andrebbero aggiunte le circa 100/120mila che continuerebbero ad esser svolte in ospedali e nei punti individuati nelle regioni. L’altra faccia della lotta alla pandemia è stata finora rappresentata dai Dpcm, con i quali sono stati decisi i divieti che hanno spesso provocato scontri con le Regioni arrivati fin davanti ai Tar. Draghi proseguirà su questa strada? Le prime mosse sembrerebbero indicare la volontà di mantenere la linea del massimo rigore, visto che l’ultimo atto del Conte bis, la proroga del divieto di spostamento fino al 25 febbraio, è stato concordato con il premier. E visto quanto ribadito da Speranza nel firmare la nuova ordinanza che prolunga il divieto d’ingresso in Italia per chi proviene dal Brasile ed impone tamponi e quarantena obbligatoria per chi ha soggiornato in Austria: “la diffusione delle varianti Covid ci impone la massima prudenza”. Le prime scelte dovranno esser fatte già la prossima settimana, vista la scadenza del 25, ma la data più probabile per una rivisitazione organica delle misure è quella del 5 marzo, quando scadrà il Dpcm. Le Regioni, che più di una volta sono andate per conto loro, premono e chiedono la riapertura dei ristoranti la sera, quella di palestre e piscine, cinema e teatri, mentre Speranza e i tecnici frenano. Toccherà a Draghi la sintesi, partendo però da un altro punto fermo: se le varianti si diffondono come in altri paesi Ue, la soluzione è solo il lockdown. E nessuno lo vuole.

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