Febbraio 2020. I lavori per costruire le palazzine sono terminati. Manca solo la consegna delle chiavi. Poi il sogno di entrare nelle case sarebbe divenuto realtà. E invece, la doccia gelata col sequestro. Dopo un anno, l’incubo delle 53 famiglie aggiudicatarie degli alloggi di Sant’Agnello continua. E l’inchiesta viene blindata dalla Procura di Torre Annunziata con i 15 avvisi di conclusione delle indagini preliminari spiccati, tra gli altri, anche nei confronti del sindaco Piergiorgio Sagristani.
La magistratura ha più volte già confermato i sigilli e, da quasi due mesi, nonostante il sollecito a far presto, il Tribunale del Riesame di Napoli ancora deve esprimersi sull’istanza di dissequestro. La speranza, seppur difficile, è di ottenere almeno l’uso degli appartamenti visto che le famiglie – che hanno partecipato a un bando pubblico del Comune con tanto di sorteggio con i bussolotti per comporre le graduatorie – hanno già dovuto affrontare importanti sacrifici economici (per “prenotare” gli alloggi e arredarli si sono dovute impegnare per centinaia di migliaia di euro) e sociali (c’è chi vive in abitazioni di fortuna di amici o in affitto, o magari ospiti di amici o parenti, senza dimenticare la presenza di bambini e diversamente abili).
A più riprese, negli ultimi mesi, civilmente gli aggiudicatari hanno espresso amarezza e dolore, chiedendo ai giudici di tutelarli (visto l’anticipo di somme per una casa giudicata per ora abusiva). Una richiesta avanzata anche nei confronti dell’amministrazione, finita nel mirino di alcuni aggiudicatari che ripetono con vigore che «ci sentiamo abbandonati».
Il sindaco Sagristani – intanto finito nel mirino dei magistrati così come il vicesindaco Giuseppe Gargiulo, gli assessori Clara Accardi, Maria Di Martino e Attilio Massa e gli ex componenti della giunta Antonino Castellano e Pasquale Esposito – a mente fredda si dice «amareggiato, ma con questa svolta giudiziaria sono convinto che si possa arrivare a una definizione della vicenda». Sagristani rivela un retroscena: «Dissi anche alla Procura di indagare su di me, qualora fosse stato necessario e ritenuto opportuno, pur di concludere l’inchiesta in tempi celeri e rispondere alle esigenze delle famiglie – dice – La priorità sono gli aggiudicatari, non noi indagati. Davanti alla pubblica opinione e alla mia comunità posso dire che, in questa vicenda, mi ha guidato il contegno di sempre: porre al centro dell’azione amministrativa l’interesse generale e la realizzazione di opere per i cittadini con trasparenza ed assoluta onestà. Abbiamo approvato un progetto per dare un’abitazione a chi non l’aveva, supportati da tutti i pareri tecnici e legali, con una selezione improntata a criteri di trasparenza e pubblicità e recuperando alla pubblica fruizione uno storico agrumeto, a costo zero per le casse comunali. Dal primo momento ho condiviso, almeno in parte, la sofferenza che hanno vissuto e stanno vivendo le famiglie che hanno acquistato l’abitazione e ne sono prive. Da oggi avremo la possibilità di discutere nel merito facendo presenti le ragioni che hanno orientato i nostri atti. Confermo ciò che abbiamo sempre detto: queste persone non saranno lasciate sole e alla fine, comunque si concluda questa vicenda, vedranno soddisfatta la loro sete di giustizia e verità».
Nessun commento per ora dall’ingegnere Antonio Elefante, neppure sui social dove spesso in passato non ha usato mezzi termini per bollare alcuni ambientalisti, definiti anche «falliti». E’ lui il motore dell’operazione immobiliare da decine di milioni di euro portata avanti con la società Shs e protagonista dell’inchiesta arrivata alla svolta solo pochi mesi fa complici pure segnalazioni di Wwf Terre del Tirreno e Italia Nostra. Le famiglie, che hanno investito i risparmi di una vita fidandosi delle credibilità tecniche e progettuali dello stesso Elefante e delle capacità amministrative e politiche della giunta Sagristani, intanto stanno attraversando momenti drammatici e restano in attesa di un aiuto.