E’ arrivato a chiedere aiuto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché non sa più a chi rivolgersi. Le richieste di sostegno, le spalle su cui piangere e sfogare la rabbia per gli ultimi anni infernali vissuti nello stanzino adibito a ufficio al primo piano del municipio di San Giuseppe Vesuviano non bastano più. «Voglio che la mia storia arrivi al Quirinale. Ma mi appello anche agli altri politici. Mi sento un perseguitato e non ho più lacrime per manifestare il mio dolore». Ciro Nappo è un centralinista del Comune di San Giuseppe Vesuviano, ha le mani consumate dal tempo. Inesorabile. Sul volto porta i segni di una condanna ben più grave di quella che qualsiasi tribunale potrebbe emettere, sono le cicatrici di un terribile incidente di un giorno d’agosto di 40 anni fa, quando è rimasto invalido dopo essere stato travolto da un’auto. Gli occhi, quelli con cui non può più scrutare il volto dei figli, lo hanno abbandonato in quel preciso momento. «Vedo solo qualche ombra dall’occhio sinistro», dice. Tuttavia lo sguardo di un papà e lavoratore che sta affrontando forse uno dei momenti più difficili della vita non mente. Le mani tremano e gli occhi luccicano mentre racconta i momenti bui vissuti sul posto di lavoro. «Quando sono entrati in municipio nel 1993 attraverso un regolare concorso, ero contento. Mi sentivo utile alla comunità, questo mi ha spinto a non accontentarmi della pensione di invalidità. Eppure oggi le cose sono cambiate». Oggi è tutto diverso, lavorare non è più un piacere. «Ma un incubo, ho paura di recarmi in ufficio. L’ansia mi assale e non mi molla». Colpa, secondo Ciro Nappo che ha denunciato tutto in una lettera indirizzata al Capo dello Stato, al capo del governo, ai garanti dei disabili fino a prefetto e procura, di un atteggiamento nei suoi confronti definito «persecutorio». Nel mirino il sindaco, Vincenzo Catapano, e il segretario generale, Girolamo Martino. Entrambi citati nell’esposto ed entrambi protagonisti delle «sistematiche vessazioni che vanno avanti da tre anni». «Ogni volta che lascio l’ufficio per consegnare un foglio o per prendere una boccata d’aria vengo apostrofato con toni arroganti in cui mi viene chiesto di chiudermi nel box del centralino. – dice mentre prova a riassumere il suo calvario – Una volta il sindaco, mi è stato riferito, che ha avvertito un funzionario per farmi richiamare mentre chiedevo informazioni presso l’ufficio del Personale». Situazioni che vanno avanti da tempo e che sono contenute nelle dieci pagine di denuncia finite anche sulla scrivania del presidente della Regione Campania. «De Luca, Di Maio, Salvini, Renzi, m’appello a chiunque possa ascoltarmi». «Non so perché tutto ciò sta accadendo», dice provando a trovare una ragione a un’ingiustizia senza precedenti. «Il sindaco ce l’ha con me forse perché mia moglie alle ultime amministrative ha scelto autonomamente di candidarsi in uno schieramento avverso il suo, mentre nel 2012 mio figlio aveva fatto candidare mio figlio in una sua lista. Forse ha interpretato questa decisione come un affronto?», spiega ancora Ciro nella sua abitazione alla periferia di San Giuseppe Vesuviano. Racconta di sorrisi negati ai figli, di una tranquillità che è svanita mesi fa. Di preoccupazioni costanti e di un «accanimento» disumano. E di disagi che quotidianamente si consumano tra le stanze di un angusto ufficio. Un «tugurio» in cui passa le giornate e da cui per paura non esce se non per tornare a casa. «Avevo chiesto un bagno per disabili. Sono costretto, invece, a fare due rampe di scale per raggiungere i servizi sanitari. Utilizzo quelli che usa la platea e spesso non m’accorgo se il bagno è sporco o meno. è disumano lavorare in queste condizioni. Ora chiedo aiuto a gran voce perché il mio lavoro è diventato un incubo».