Nuovo scacco ai tombaroli di Stabia e Pompei, restituiti ieri al Parco Archeologico tre frammenti di affreschi del I sec. d.C., trafugati negli anni Settanta dalle pareti decorate di Villa Arianna e Villa San Marco e da Civita Giuliana. Il bottino era finito nelle mani di un facoltoso imprenditore di Milano. I dettagli dell’inchiesta restano top-secret, ma il ricco imprenditore rischia un processo per ricettazione.
A svelare il retroscena è stato il Generale Roberto Riccardi, Comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Monza. «I beni, non presenti nella Banca dati beni culturali illecitamente sottratti (il più grande database di opere d’arte rubate al mondo, ndr) erano stati acquistati negli anni Novanta da antiquari statunitensi, svizzeri e inglesi», ha detto il Generale, ieri presente alla cerimonia di riconsegna svoltasi presso la Reggia di Quisisana «poi erano finiti nella mani di un ricco imprenditore lombardo, un facoltoso collezionista. Attualmente, l’inchiesta non è chiusa. La presunta accusa è quella di ricettazione». Gli accertamenti, a cura del Nucleo Carabinieri TPC di Monza, avviati nel luglio 2020 nell’ambito di un’ampia attività investigativa per il contrasto del traffico internazionale di beni archeologici, avevano portato al sequestro dei reperti. Le successive indagini – condotte grazie alla collaborazione dell’ufficio tutela del Parco Archeologico di Pompei, nella persona dell’archeologo Domenico Camardo, su disposizione della Procura presso il Tribunale di Milano – hanno decretato la vittoria dello Stato.
«La vittoria della legalità – così ieri il Direttore Generale dei Musei Statali Massimo Osanna – la vittoria anche di un’intuizione, che, personalmente, ho avuto prima di lasciare l’incarico come Soprintendente di Pompei». Osanna, prima di lasciare il posto all’attuale Soprintendente, Gabriel Zuchtriegel, ieri ha svelato di «aver imposto una somma di un milione di euro, nel bilancio del Parco Archeologico di Pompei, come cifra da impegnare ogni anno, in sinergia con la Procura di Torre Annunziata, per il finanziamento del contrasto all’illegalità», e alla piaga dei tombaroli.
Una piaga combattuta dai procuratori oplontini Nunzio Fragliasso e Pierpaolo Filippelli sia a Castellammare che a Pompei. «Le collaborazioni con le autorità per il contrasto agli scavi illegali e al traffico illecito di reperti sono una best-practice che il Parco seguirà anche in futuro», ha sottolineato ieri Gabriel Zuchtriegel, Direttore del Parco archeologico di Pompei e successore di Osanna – «attraverso la valorizzazione dei siti nel territorio tra Stabia, Torre Annunziata, Boscoreale e Poggiomarino vogliamo contribuire a far emergere l’immenso valore del patrimonio archeologico presente in tutta l’area vesuviana». Restituiti ieri allo Stato solo i frammenti rubati nelle Ville di Stabiae. Quelli asportati dai tombaroli, in via Civita Giuliana, sono infatti oggetto di restauro. In tal caso, si tratta dei frammenti che provengono dalla villa suburbana situata a nord di Pompei, fuori le mura della citta’ antica.