A fine aprile il suo nome figurava tra i 26 destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Quello di Elia Giuseppe Giosafatte, 47enne di Rosarno, era uno dei nomi chiave dell’inchiesta. Per i magistrati era uno degli anelli di congiunzione tra la cosca dei Giugliano, imperante sul territorio cittadino, e le ‘ndrine calabresi per il rifornimento dei carichi di droga. Nei giorni scorsi, su richiesta dell’avvocato Stefano Sorrentino, il tribunale del Riesame ha notificato il decreto di scarcerazione in favore del 47 che dunque torna in libertà. L’inchiesta capace di smantellare due famiglie di camorra, già fortemente provate dagli arresti degli ultimi anni, è stata portata alla luce alla fine del mese di aprile dopo quasi cinque anni di indagine. Ventisei arresti, 35 indagati, cinquanta milioni di euro sequestrati e 37 capi d’imputazione. Associazione mafiosa, traffico e spaccio di droga, estorsione, violenza privata, detenzione di armi, intestazione fittizia di beni. Sono i numeri e i contorni della mega-inchiesta condotta dall’Antimafia che lo scorso 19 aprile ha travolto la camorra all’ombra del Vesuvio. Un’indagine capace di squarciare i veli sull’esistenza di uno scontro per il dominio degli affari illeciti in un territorio rimasto orfano dei suoi padrini dopo la morte di Raffaele Cutolo e Mario Fabbrocino. Un’indagine che ha il suo epicentro nella città di Poggiomarino, paesino alle falde del vulcano, nel quale detta legge – da anni – il clan di Antonio Giugliano, alias ‘o savariello, luogotenente del clan Fabbrocino detenuto in carcere a Nuoro. Una leadership incontrastata ma messa in discussione – sostengono i pm – da Rosario Giugliano, detto ‘o minorenne e storico killer del clan Galasso, tornato in città negli ultimi anni e pronto a mettere le mani sul regno dell’altra cosca.
CRONACA
21 maggio 2021
Faida tra clan a Poggiomarino, torna libero il gancio tra la cosca dei Giugliano e le ‘ndrine