Estate 2020, tre amici, un camper, un pianoforte smontabile e un Paese appena uscito dal panico. Mischiate bene questi elementi e costruiteci sopra la storia di un viaggio fantastico, liberatorio, venuto fuori a calci dal nostro inconscio. A prescindere dal contesto micidiale della pandemia o dal progetto di scrivere un eventuale libro, Giovanni Truppi il suo viaggio l’ha fatto perché andava fatto in quel momento lì, con quell’atmosfera e quel clima lì. All’avventura. Come il titolo del suo debutto letterario, “L’avventura” appunto, pubblicato per La Nave di Teseo, il diario di un tour in camper per una serie di concerti durante la pausa estiva tra il primo e il secondo lockdown, in cui Giovanni e i suoi due compagni hanno evitato le autostrade e si sono lanciati sulle raffazzonate strade statali e provinciali delle coste italiane, sfidando i pericoli ma tenendo sempre il mare a pochi metri dalle gomme. Musicista naif e dal linguaggio iperbolico e autobiografico, Giovanni Truppi è il più famoso tra i cantautori sconosciuti al pubblico da casa, nel senso che le sue canzoni continuano a fare il giro delle piazze raccogliendo consensi, fans e buona critica on the road, senza spintarelle radiofoniche, format salottieri o passerelle tv. Da un decennio le sue canzoni fanno visualizzazioni a manetta, sorrette da uno stile personalissimo, sempre coerente e dannatamente onesto. Come il libro, le cui note di presentazione sono tutto un programma: si viaggia dal confine con la Francia a quello con la Slovenia, dalle sponde contratte e burbere della Liguria, alla macchia assordante di cicale della Maremma toscana; dai litorali piatti e densi attorno Roma, alla costa del Cilento – quella dell’infanzia di Giovanni – e poi alla Calabria selvaggia, malinconica; da Taranto ad Ancona, superando gli uliveti infiniti della Puglia, la frugalità generosa e quieta dell’Abruzzo, i lidi romagnoli, fino alla curva geografica che rende il nostro mare una faccenda più orientale. Tappa dopo tappa, la costa italiana si delinea come un lento e ineludibile film famigliare dentro le parole semplici ed essenziali con i gestori dei campeggi, i turisti locali, gli amici e i parenti rintracciati lungo il percorso, osservando lo sciamare dei ragazzini sui lungomari e le processioni di santi, gli anziani stretti davanti ai tramonti, i braccianti nei campi e nelle baracche nascoste, le piccole folle illanguidite dal caldo, con le infradito affondate dentro spiagge di tardo approdo e i chilometri addosso verso bagni limpidi e solitari”. Un viaggio normale in tempi anormali, corredato da una canzone che richiama il titolo del libro e fa così: “Che cosa c’era nei desideri e nei pensieri, dall’altra parte di tutto quello che conoscevo fino a ieri?”. Un ottimo quesito per spingersi soprattutto dall’altra parte di ciò che sarà domani.
Rocco Traisci