A cominciare dai primi pazienti di Wuhan, arrivando fino ad oggi, i medici di tutto il mondo hanno riscontrato nelle persone colpite dal Covid complicanze neurologiche molteplici e spesso prolungate nel tempo. Non solo la perdita di olfatto e gusto, uno dei campanelli d’allarme e sintomo diffuso dell’infezione, ma anche problemi più gravi: dall’encefalopatia, all’ictus. A fare il punto sull’argomento sarà il Congresso mondiale di Neurologia, dal 3 al 7 ottobre, organizzato dalla World Federation of Neurology in partnership con la Società italiana di Neurologia (Sin), che quest’anno sarà padrona di casa. Al Congresso sarà presentata anche l’analisi preliminare italiana dello studio Neuro-COVID, patrocinato dalla Sin, avviato dal marzo del 2020 e condotto dall’Università di Milano-Bicocca, dall’Università di Milano e dall’Istituto Auxologico di Milano, e a cui hanno contribuito 50 Neurologie italiane delle varie regioni. Coinvolti 2500 pazienti Covid, sia ricoverati in ospedale che curati a domicilio. Dallo studio emerge che il disturbo neurologico più frequente è l’alterazione combinata dell’olfatto e del gusto (anosmia- ageusia, circa il 40% dei pazienti), la durata di questo sintomo ha una durata superiore a 1 mese nel 50% dei casi e arriva a superare i 6 mesi nel 20% dei casi. Un secondo disturbo, molto frequente (circa il 25% dei pazienti Neuro-COVID), è l’encefalopatia acuta ovvero uno stato di confusione mentale, perdita di attenzione e memoria, stato di agitazione, fino ad una alterazione dello stato di coscienza e al coma. Questa condizione ha molteplici cause, a partire da una scarsa ossigenazione cerebrale (conseguenza della polmonite da Covid), ma in alcuni casi è legata ad una infiammazione cerebrale (encefalite).
Molti pazienti Neuro-COVID (circa il 20%) hanno avuto un ictus ischemico concomitante oppure subito dopo l’infezione da Covid, e tuttavia il legame causa-effetto tra l’infezione da Covid e l’ictus è tuttora oggetto di dibattito. Quasi tutti questi pazienti hanno i classici fattori di rischio vascolare per un ictus e dagli studi sembra che l’infezione abbia fatto da innesco per la trombosi arteriosa cerebrale. La cefalea associata a Covid è frequente e non sempre di breve durata, infatti in circa il 50% dei casi diventa cronica e dura oltre 2 settimane, mentre in quasi il 20% dei casi ha una durata superiore ai 3 mesi. I disturbi cognitivi post-Covid fanno parte della “sindrome long Covid” e sono stati definiti anche come “nebbia cognitiva”, non sono rari (circa il 10% dei soggetti Neuro-COVID), ma l’entità del disturbo è quasi sempre di grado modesto (non raggiunge i criteri di una “demenza”, ma solo di compromissione cognitiva lieve) e con una importante componente emotiva oltre che cognitiva. La durata media è circa 3 mesi e si risolve spontaneamente entro i 6 mesi in quasi la totalità dei casi. Le cause principali dei disturbi neurologici, secondo gli scienziati, sono la carenza cerebrale di ossigeno, l’infiammazione cerebrale oppure le trombosi di arterie e di vene cerebrali: tutte queste alterazioni sono possibili conseguenze di una infezione da Covid. Lo studio Neurocovid, nell’ambito del Congresso, sarà confrontato con gli analoghi studi promossi da altre società neurologiche europee, con il coordinamento di una task force della European Academy of Neurology, che cura la creazione di un registro europeo, chiamato ENERGY. Il registro verrà inoltre confrontato con un analogo registro americano curato dalla Neurocritical Care Society e a sua volta chiamato US GCS-NeuroCOVID.