Roma. La seconda dose di vaccino anti-Covid produce non solo la risposta anticorpale ma crea anche la memoria immunologica capace di proteggere a lungo termine la persona.
Lo dimostra uno studio indipendente del Laboratorio di Neuroimmunologia dell’ospedale Santa Lucia IRCCS di Roma, che conferma la presenza di linfociti T della memoria per almeno 6 mesi dalla prima dose del vaccino, confermando lo sviluppo di una risposta cellulare che si mantiene nel tempo.
Per i soggetti sani, dunque, rilevano i ricercatori, “la terza dose di vaccino potrebbe non essere necessaria”.
La posizione espressa dal CTS è dunque corroborata, afferma l’ospedale, dal nuovo studio del laboratorio di Neuroimmunologia Santa Lucia IRCCS di Roma, i cui dati sono stati pre-pubblicati sulla piattaforma di interscambio BioRxiv.
Lo studio, condotto su 71 soggetti, ha valutato la risposta al vaccino Pfizer-Biontech, simulando in vitro l’incontro tra il virus e le cellule del sistema immunitario. I partecipanti allo studio, tutti operatori sanitari e colleghi che hanno ricevuto il vaccino a gennaio, sono stati monitorati per 6 mesi, misurando l’andamento della risposta immunitaria nel tempo.
I risultati hanno dimostrato che il vaccino induce, oltre alla produzione di anticorpi, anche lo sviluppo di cellule della memoria immunologica. “I nostri dati – spiega Giovanna Borsellino, neuroimmunologa e direttrice del laboratorio di Neuroimmunologia dell’ospedale romano – confermano che già dopo la prima dose si innesca la risposta delle cellule del sistema immunitario, che da un lato facilitano la produzione degli anticorpi, e dall’altro agiscono direttamente sulle cellule infettate dal virus. L’aspetto importante osservato è che viene generata la memoria immunologica, anche grazie alla presenza delle cosiddette ‘cellule staminali della memoria’, ossia un bacino di cellule longeve e specifiche per il coronavirus che possono rapidamente espandersi per contenere l’infezione. Analogamente agli altri vaccini la presenza della memoria immunologica potrebbe durare diversi anni, confermando da una parte l’efficacia della protezione del vaccino e dall’altra la necessità di effettuare un’eventuale terza dose solo a soggetti immunodepressi, come indicato dal CTS”.
Lo studio fa parte di una più ampia missione affidata al laboratorio di Neuroimmunologia del Santa Lucia IRCCS per valutare la risposta al virus in persone colpite da Sclerosi Multipla che assumono una terapia immunomodulante o immunosoppressiva.
Lo studio è stato condotto utilizzando macchinari estremamente sofisticati necessari per identificare, all’interno dei miliardi di cellule che compongono il sistema immunitario, le cellule T attivate dalla proteina Spike del virus Sars-COV-2 indotte dalla vaccinazione.