Pasquale D’Alessandro deve restare al 41-bis. Il clan è ancora attivo, il boss è pericoloso e un regime detentivo diverso dal carcere duro potrebbe permettergli di riprendere in mano il comando della cosca. E’ ciò che pensa il Ministero della Giustizia, che ha prorogato per altri due anni la detenzione al 41-bis per D’Alessandro sulla scorta delle relazioni fornite dall’Antimafia. Una decisione ritenuta corretta anche dalla settima sezione penale della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso presentato dalla difesa del boss di Castellammare.Pasquale D’Alessandro, primogenito di Michele, il padrino defunto della cosca di Scanzano, chiedeva di ottenere un alleggerimento del regime detentivo. Nel ricorso presentato dai suoi legali viene evidenziato che i reati per i quali è stato condannato e per i quali è in carcere sono risalgono a molti anni fa e nel frattempo, considerata la lunga detenzione, non ci sarebbero elementi concreti per ritenerlo ancora socialmente pericoloso.Una tesi che però è stata smontata dalla Procura.
A inchiodare Pasquale D’Alessandro ci sono diversi elementi. Quello più evidente è il fatto che la cosca di cui è considerato a capo è ancora oggi attiva, come dimostrano le recenti inchieste che hanno consentito di assicurare alla giustizia decine di affiliati accusati di aver portato avanti affari come il traffico di stupefacenti, le estorsioni e l’usura.Non è tutto. Ancora oggi sono a capo del clan familiari diretti di Pasquale D’Alessandro e quest’ultimo non ha mai dimostrato di voler spezzare il vincolo con la cosca fondata dal padre circa quarant’anni fa.Per questo motivo, secondo i giudici, se il boss non fosse confinato al carcere duro potrebbe ancora dare indicazioni al clan e tornare ad assumere quel ruolo di comando che svolgeva quando è stato arrestato nel 2003.Appena lo scorso giugno, d’altronde, Pasquale D’Alessandro è stato condannato in primo grado a 18 anni di carcere con l’accusa di essere stato «promotore, organizzatore e capo del clan», per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso e per l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Tutti reati però risalenti alla fine degli anni novanta.In ogni caso, il suo nome è tornato d’attualità anche nelle recenti inchieste dell’Antimafia, addirittura per estorsioni ai danni di imprenditori che continuano a pagare il boss, nonostante la lunga detenzione, attraverso i suoi emissari.Una serie di motivi che hanno spinto i giudici della Corte di Cassazione a ritenere corretta la proroga del 41-bis per Pasquale D’Alessandro, al quale recentemente è stato concesso il permesso di tornare a casa per qualche ora, per motivi familiari.Per il resto niente sconti al boss di un clan che secondo l’Antimafia controlla ancora oggi tutti gli affari illeciti a Castellammare di Stabia: dal traffico di stupefacenti alle estorsioni, riciclando i capitoli sporchi in diversi settori.