Vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi non basta in Italia per rubare le luci della ribalta e ritagliarsi un ruolo di rilevanza nel mondo dello sport. Se pratichi una disciplina diversa dal tanto amato calcio, sei condannato a finire nel dimenticatoio nonostante tu sia un un talento di assoluto livello e vincitore di medaglie olimpiche. La cruda realtà è questa, lo sanno bene le atlete come Federica Cesarini e Valentina Rondini. Entrambe, uscite trionfanti dai giochi di Tokyo, sono state costrette a mandare giù diverse delusioni, arrivate sia da parte del mondo mediatico che da quello degli sponsor. Cesarini e Rondini hanno incantato in occasione delle ultime olimpiadi disputate in Giappone. Le due atlete hanno fatto la storia dello sport italiano, diventando le prime donne del nostro Paese a conquistare una medaglia d’oro nel canottaggio con record mondiale (2 di coppia pesi leggeri). Questo, però, non è servito per attirare l’attenzione. In Italia sembra che se pratichi uno sport “sfigato” bisogna vincere più di una medaglia per avere quantomeno un minino di considerazione da parte dei media e degli sponsor. La stessa Federica Cesarini ha dovuto ingoiare diversi rospi. Una delle molteplici amarezze è arrivata a margine di un importantissimo festival sportivo, a cui la campionessa olimpica di canottaggio ha preso parte. Al prestigioso evento, la Cesarini si è vista assegnata un pass con il nome sbagliato, “Martina Cesarini”. Altro episodio sconcertante capitato a Federica Cesarini riguarda un brand famoso. La campionessa di canottaggio, dopo aver fatto richiesta di un prodotto, si è vista rifilare dal suddetto sponsor solo dei buoni sconto. Vincere un oro non è sinonimo di visibilità, almeno in Italia. Basti pensare che le gare dei cosiddetti “sport minori” vengono trasmesse poco in tv. Nelle interviste c’è ancora chi confonde il canottaggio con la canoa, e non solo. Adesso sembra proprio che media e sponsor diano importanza più ai follower e quindi al mondo dei social che alle medaglie olimpiche, oscurando tutti i sacrifici fatti da un atleta per arrivare all’apice sportivo. È paradossale come i successi più eclatanti per l’Italia siano arrivati proprio dagli “sport minori”.
A rendere fiero il nostro Paese, ma sopratutto la Campania, è stato Salvatore Maresca. L’atleta azzurro, natio di Castellammare di Stabia, di recente ha conquistato una prestigiosa medaglia di bronzo ai mondiali di ginnastica artistica disputati a Kitakyushu (Giappone), scrivendo una nuova pagina di storia dello sport italiano. Maresca è riuscito a salire sul podio con il punteggio di 14.833 negli anelli. Un successo che è figlio della tenacia e soprattutto della costanza che l’atleta stabiese ha messo e continua a mettere nella ginnastica artistica, tenendo bene in mente le proprie origini fatte di un passato difficile e ricco di sacrifici. Salvatore Maresca è cresciuto a Castellammare di Stabia, nel quartiere Santa Caterina, in un contesto particolarmente colpito dalla camorra. A dieci anni, il giovane atleta ha assistito all’uccisione di un uomo e grazie al padre Luigi e principalmente alla ginnastica artistica, è riuscito ad allontanarsi dalla criminalità organizzata, la quale ha attratto anche alcuni suoi parenti ed ex amici. L’orgoglio campano, atleta classe 1993 della Ginnastica Salerno, ai nostri microfoni ha toccato proprio la tematica che riguarda gli “sport minori”, lasciandosi andare anche ad un duro sfogo nei confronti di istituzioni e media. Come ti spieghi che adesso non basti più vincere una medaglia per attirare l’attenzione del mondo dello sport? «Purtroppo sport come il mio non vengono presi in considerazione dai media. Rispetto a prima la ginnastica, soprattutto al sud Italia, nelle scuole non esiste più. E secondo me creare un’educazione proprio sugli sport in generale è già sinonimo di miglioramento, ma se non si inizia saremo sempre punto e a capo».Perché discipline come la ginnastica non hanno la giusta rilevanza da media e sponsor? «Qualche anno fa ci fu un programma intitolato ‘Ginnaste vite parallele’ che riuscì a portare la ginnastica un po’ sullo schermo di tutti. Dal più piccolo al più grande. Adesso io credo che bisognerebbe fare qualcosa di simile, ma in modo più costante e non solo per un breve periodo. Questo vale per tutti gli sport a bassa visibilità, perché per quanto mi riguarda non ci deve essere lo sport di “serie A” e di “serie B” ».
Le televisioni continuano a non dare la giusta importanza a sport diversi dal calcio, trasmettendo con il contagocce gare di altre discipline. Perché “sport minori” non hanno la visibilità che meritano?«Nel calcio girano cifre astronomiche, non ci prendiamo in giro. È normale che il movimento che si è creato dietro attiri molte più persone. Poi la ginnastica è uno sport principalmente individuale rispetto al calcio (cito il calcio perché è quello con più visibilità) dove non c’è un singolo ma 20/30 atleti. C’è bisogno di investimenti importanti. Noi facciamo il nostro, ma probabilmente non basta».Considerando che le istituzioni preferiscono investire in progetti legati al calcio che a sport con meno visibilità, vi sentite un po’ dimenticati?«Io personalmente no, perché faccio ginnastica per me e per la mia gloria». Dopo la storica medaglia di bronzo al mondiale, vista la scarsa attenzione di media e sponsor, adesso ti tocca vincere l’oro. Ti senti pronto? «Io sono sempre pronto! Non ero nessuno all’inizio di quest’anno e adesso sono tra i più forti al mondo. Quando entro in gara l’obiettivo è quello di dare il meglio di me. Do’ poca considerazione alle medaglie. Io sono contento quando finisco il mio esercizio e so di aver dato il massimo. Quella è la vera vittoria».