“La violenza non é forza, ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna ma soltanto distruttrice”. Le parole di Benedetto Croce, dopo 69 anni dalla sua morte, sono un viaggio nel passato, a quando il fascismo ha portato violenza e distruzione nelle vite di innumerevoli persone. A oggi la figura di Croce, non é ricordata come merita, ed é nostro compito ricostruire la biografia di questo grande uomo per comprendere al meglio il suo pensiero. La vita non ci è andata alla leggera con lui, a diciassette anni, un terremoto a Casamicciola, gli ha strappato via la famiglia, lui l’unico sopravvissuto ritrovato sotto le macerie e questo é un segno, Benedetto é destinato a fare grandi cose. Affacciandosi al balcone del suo primo piano del palazzo Filomarino, il suo occhio scorre sulle antiche fabbriche che fanno da incrocio tra via Trinità Maggiore, quella di San Sebastiano e Santa Chiara e ammira la sua amata Napoli, la difende da tutto e da tutti, e le dedica tutte le sue energie affinché si conosca e si capiscano i grandi tesori che offre questa città, proteggendola dal degrado e dall’ignoranza. Alla sua Napoli, come eredità lascerà un patrimonio fondamentale per la riscoperta della cultura, la sua biblioteca, nel suo appartamento. Al numero 72, di piazza Dante, tra le mura della libreria di Luigi Pierro nacque la società dei Nove Musi e tra i nomi più importanti, oltre a quello di Croce, abbiamo quello di Salvatore Di Giacomo, Matilde Serao, Gabriele D’Annunzio e tanti altri ancora.
L’obiettivo, quello di celebrare l’uscita di ogni scritto dei suoi componenti, come Croce infatti afferma “La Società dei Nove Musi non può riunirsi che a tavola”, tra banchetti e risate questi artisti festeggiano ogni loro successo. Numerosi sono gli intellettuali con cui a che fare e molti sono i viaggi che lui compie, Spagna, Germania, Regno Unito e Francia, girando il mondo la sua formazione culturale cresce e con lei anche il suo interesse per gli studi storici e letterali, in particolare per la poesia di Giosuè Carducci, e per le opere di Francesco De Sanctis. Tra le sue conoscenze, una importante, tra amicizia e disaccordi, é quella con Giovanni Gentile, con la sua collaborazione fondò la rivista “la critica”, pubblicata a Gennaio del 1903 con il suo primo numero, e stampata a spese di Croce fino al 1906. La rivista, una vera e propria, come dice il nome stesso “Critica”, all’interno commenti di libri italiani e stranieri, esposizioni di temi letterari e filosofici, e una classifica dei migliori argomenti da trattare e commentare, con l’obiettivo di “sistemare” le idee di ognuno di noi. Per ben quarantadue anni un punto di riferimento sullo scenario della storia italiana, dal positivismo al futurismo, dall’anteguerra nazionalista al decadentismo letterario e dal conflitto bellico all’avvento del fascismo. Alla base della critica letteraria crociana, vi é un complesso sistema filosofico, tra Giambattista Vico, e Hegel, rielaborati in chiave neoidalista. Uno dei testi principali, che più incarna il pensiero critico letterario di Croce é “l’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale”, 1902.
Un’amicizia con Gentile, destinata a terminarsi, la motivazione, la diversa concezione filosofica e politica del fascismo. Ai primi albori di questo movimento politico, Croce, nel frattempo divenuto ministro della pubblica istruzione, concede fiducia al regime, sicuro dell’utilità che poteva dare in quegli anni cruciali, ma dopo il delitto Matteotti, apre gli occhi, si dissocia da questa, come definita da lui stesso,“dittatura provvisoria”, per poi votare contro le leggi del 1925-26 e come suo primo atto da oppositore, scrisse il “manifesto degli intellettuali antifascisti”, il 1° Maggio 1926 sulle pagine de “il mondo”. A causa di questo suo dissenso, la notte del 1° novembre del 1926, i fascisti fanno irruzione a casa sua, distruggendo l’arredamento e terrorizzando la moglie e le sue quattro figlie.Per fortuna, questo fu il primo e unico atto di ostilità fisica che il filosofo soffrì a causa del suo antifascismo, ma l’accaduto non ha cambiato la sua opinione. Un uomo che ha ricoperto cariche importanti, nonostante non avesse completato gli studi, ha sempre studiato, studiato e studiato fino a esser divenuto il grande Benedetto Croce che conosciamo oggi. <<… e su questo terreno, traballante a ogni passo, dobbiamo fare il meglio che possiamo per vivere degnamente, da uomini, pensando, operando, coltivando gli affetti gentili; e tenerci sempre pronti alle rinunzie senza per esse disanimarci>> affamato di sapere, si é spostato a lungo, ma la città che ha rapito il suo cuore é Napoli, come abbiamo già detto all’inizio, ne studia la storia a fondo e la vive a trecentosessanta gradi. Un napoletano acquisito di origini abruzzesi che scrive “ La storia del Regno di Napoli”, nel 1923 ed é proprio qui, tra il calore e l’amore che gli trasmettono le persone che decide di passare gli ultimi giorni della sua vita.
Colpito da un ictus celebrare che gli causa una paralisi, muore il 20 novembre del 1952, all’età di ottantasei anni. A Croce, un grande ringraziamento, per aver raccontato e tramandato la storia nei suoi scritti, così che oggi, su suo esempio, la possiamo studiare.