Il test molecolare a 21 geni può consentire di evitare chemioterapie superflue in donne in postmenopausa con tumore della mammella in stadio iniziale e linfonodi positivi ad alto rischio di recidiva. Lo dimostrano i risultati dello studio RxPONDER, pubblicato sulla rivista The New England Journal of Medicine, e i dati aggiornati della sperimentazione presentati al San Antonio Breast Cancer Symposium, il più importante congresso internazionale dedicato a questa neoplasia, che si chiude oggi. Quasi il 92% (91,9%) delle donne in postmenopausa trattate, dopo la chirurgia, con la sola terapia ormonale, a 5 anni, è vivo e libero da malattia invasiva, senza differenze significative rispetto alle pazienti che hanno ricevuto anche la chemioterapia (91,3%) dopo l’intervento. E i dati aggiornati di RxPONDER, presentati a San Antonio, dimostrano che, a un follow up più lungo (mediana di 6,1 anni), le donne in postmenopausa continuano a non ottenere benefici dalla chemioterapia dopo la chirurgia. Lo studio è stato condotto in modo indipendente dal SWOG Cancer Research Network con il supporto del National Cancer Institute (NCI) e ha coinvolto 5.083 donne con tumore del seno in stadio iniziale, che esprime i recettori estrogenici ma non la proteina HER2, con coinvolgimento dei linfonodi ascellari. “L’obiettivo di RxPONDER era capire meglio quando utilizzare la chemioterapia adiuvante, cioè successiva all’intervento chirurgico, per consentire un trattamento personalizzato – afferma Francesco Cognetti, Presidente della Fondazione Insieme contro il cancro -. Le pazienti sono state sottoposte al test genomico Oncotype DX. I risultati dello studio possono modificare la pratica clinica e mostrano in modo definitivo che le donne in postmenopausa, con questa forma comune di tumore del seno e con un risultato di Recurrence Score, cioè un punteggio del test genomico, pari o inferiore a 25, possono evitare la chemioterapia ed essere trattate solo con la terapia ormonale, risparmiando a decine di migliaia di pazienti in tutto il mondo gli effetti collaterali associati alla chemioterapia”. L’impatto sulla qualità di vita, sottolinea, “è enorme, perché vengono evitate inutili tossicità”.
Nel 2020 in Italia sono stati stimati circa 55mila nuovi casi di tumore della mammella e 834.200 persone vivono dopo la diagnosi, spiega Saverio Cinieri, Presidente di AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica). I test genomici, chiarisce, “rappresentano uno strumento che si aggiunge alle armi terapeutiche a disposizione degli oncologi, per decidere se a una paziente dovrà essere somministrata o meno la chemioterapia adiuvante in aggiunta all’ormonoterapia standard”. Circa un terzo delle pazienti con tumore del seno in fase iniziale positivo al recettore ormonale, HER2-negativo, presenta una malattia che si è diffusa ai linfonodi e due su tre sono in menopausa. La maggior parte, afferma Cinieri, “oggi viene trattata con la chemioterapia adiuvante, con una comprensibile prevalenza di atteggiamenti prudenziali. I risultati di RxPONDER possono cambiare questa tendenza e segnano un ulteriore tassello a favore del test molecolare a 21 geni quale strumento in grado di supportare il clinico nella personalizzazione della terapia. Nel 2018, lo studio TAILORx infatti aveva già analizzato il ruolo della chemioterapia nelle pazienti senza interessamento dei linfonodi, dimostrando che, grazie a questo test genomico, è possibile identificare il ristretto numero di donne, circa il 20%, che traggono un beneficio sostanziale dalla chemioterapia, risparmiando alla vasta maggioranza, circa l’80%, la tossicità e gli effetti collaterali legati ai regimi chemioterapici”. Al contrario però, rileva Giuseppe Curigliano, Direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, “lo studio ha dimostrato che le pazienti in premenopausa con tumore del seno con le stesse caratteristiche dovrebbero essere trattate con la chemioterapia adiuvante. Il tasso di sopravvivenza libera da malattia invasiva, nelle donne in premenopausa, è infatti migliorato di quasi il 5%, passando dall’89% con la sola terapia ormonale al 93,9% aggiungendo la chemioterapia”.