Sono 60.415 i nuovi contagi da Covid nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute. Ieri erano stati 74.024. Le vittime sono invece 93 (ieri erano state 85)
Una follia lo stop delle mascherine al chiuso
“Sino a quando la circolazione del virus rimarrà così elevata, ritengo personalmente una follia abolire l’obbligo di mascherina al chiuso per due ragioni: innanzitutto, per l’elevatissima contagiosità della variante Omicron, e ancor più di Omicron 2; in secondo luogo, perché la protezione del vaccino nei confronti del contagio è limitata (circa 60%) e declina rapidamente. Ragionevole, invece, la graduale uscita dal Green Pass, che ha ormai esaurito il compito primario di spinta alle vaccinazioni”. Mentre la per scuola “l’abolizione delle quarantene da contatto inevitabilmente rappresenterà un volano all’aumento dei casi. Con l’attuale livello di circolazione virale, insieme alla bassa copertura vaccinale della fascia 5-11 si poteva aspettare la fine dell’anno scolastico senza cambiare le regole, anche per verificare l’impatto delle misure vigenti su un arco temporale adeguato”.
Così il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta sulla roadmap delle riaperture che, commenta, “è stata annunciata in una fase di massima tranquillità e pianificata durante la fase di iniziale di risalita della curva epidemiologica, con tutte le incertezze sull’entità della ripresa della circolazione virale e, soprattutto, del suo impatto sugli ospedali”.
Sulla quarta dose per tutti, ribadisce Cartabellotta “al momento non ci sono evidenze disponibili per raccomandarne, o meno l’utilizzo: da un lato bisogna monitorare il declino dell’efficacia vaccinale nei confronti della malattia grave, dall’altro aspettare dati più robusti, oltre che il pronunciamento dell’Ema”. E sugli scenari futuri, infine, “difficile al momento – afferma Cartabellotta – tracciare gli scenari per l’autunno, perché ci sono troppe variabili che condizioneranno la circolazione del virus e l’impatto sugli ospedali: dall’aumentata circolazione virale nella stagione fredda all’emergenza di nuove varianti; dal declino della protezione vaccinale, in particolare nei confronti della malattia grave, ai comportamenti individuali che, indipendentemente dagli obblighi, influenzano in maniera rilevante la diffusione del virus”.
L’aumento dei casi Covid in Italia non è un “semplice ‘rimbalzo’, anche se al momento non possiamo etichettare la risalita come avvio della quinta ondata”. Troppe le differente regionali: minore circolazione virale per i 18,8 milioni di persone di Lombardia, Piemonte e E-R, e alta incidenza al centro-sud in particolare in Umbria, Puglia, Calabria, Marche, Basilicata, Lazio, Abruzzo e Toscana. Così a il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. Dal 13 al 19 marzo +30,2% dei casi e aumento degli attualmente positivi, da poco più di 971mila del 10 marzo a 1.147.519 di ieri e iniziali segnali di impatto sui ricoveri.
Secondo l’analisi Gimbe, i nuovi dati aggiornati registrano negli ultimi 7 giorni (13-19 marzo) oltre 477mila casi, rispetto a poco meno di 332mila della settimana precedente (6-12 marzo), con un incremento del 30,2%. Il tasso di positività dei tamponi ha superato il 15% e il numero degli attualmente positivi è risalito da poco più di 971 mila del 10 marzo a 1.147.519 il 19 marzo. “L’incremento – evidenzia Cartabellotta – riguarda tutte le fasce di età con una maggior risalita nelle fasce più giovani: in particolare 10-19 anni e a seguire 0-9 anni. L’aumento dei casi, al momento, non è omogeneo nelle varie Regioni.
L’incidenza a 7 giorni per 100 mila abitanti è maggiore in quelle del centro-sud: Umbria (1.674), Puglia (1.206), Calabria (1.142), Marche (1.135), Basilicata (1.061), Lazio (995), Abruzzo (971), Toscana (920). Mentre la circolazione virale è minore in Piemonte (409), Lombardia (502), Emilia Romagna (506). Differenze che, inevitabilmente – sottolinea Cartabellotta – rendono il dato nazionale poco generalizzabile”. Diverse le cause di questa aumentata circolazione virale: rilassamento della popolazione e allentamento delle misure, progressiva diffusione della più contagiosa variante Omicron BA.2, calo della protezione vaccinale nei confronti dell’infezione, persistenza di basse temperature che costringono ad attività al chiuso. Quindi il rischio di una nuova pressione sugli ospedali. “Al momento non si rilevano segni di sovraccarico anche se i posti letto occupati in area medica hanno ripreso lievemente a salire: da 8.234 del 12 marzo a 8.319 del 19 marzo.
Quelli in terapia intensiva rimangono stabili da qualche giorno intorno a 470, mentre gli ingressi si sono stabilizzati ai 40-42 al giorno e mostrano segni di risalita. Tutti segnali iniziali d’impatto, seppur limitato – dice Cartabellotta – sugli ospedali dell’incremento dei nuovi casi”. E a proposito infine della nuova variante, il presidente della Fondazione Gimbe rileva che l’indagine flash dell’Istituto superiore di sanità rileva, al 7 marzo, una prevalenza di Omicron 2 al 44%. “Tuttavia – dice Cartabellotta – i dati sono di difficile interpretazione perché nelle Regioni del Nord-ovest, dove il virus circola meno, la prevalenza di Omicron 2 è più elevata (68%), mentre risulta più bassa (32%) al Sud dove si rileva una maggior circolazione virale”.