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Camorra. Dia: non solo altarini, si punta sui social per diffondere ed esaltare la reputazione criminale
CRONACA
7 aprile 2022
Camorra. Dia: non solo altarini, si punta sui social per diffondere ed esaltare la reputazione criminale
Redazione

Non solo altarini e murales: “è sempre più frequente l’uso dei social network per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici”. A sottolinearlo, nella relazione per il primo semestre 2021, è la Direzione Investigativa Antimafia che rileva come “forte è il rischio che l’identità mafiosa possa prendere il sopravvento anche attraverso la credibilità e l’autorevolezza del profilo social che esalta e diffonde la reputazione criminale del soggetto con lo status di uomo di camorra”.

“L’esistenza di uno stretto legame tra gruppi in un’unica alleanza – spiega la relazione – viene sempre più spesso dimostrato dai post sui social. Attraverso fotografie e post gli affiliati alle organizzazioni criminali ostenterebbero infatti l’appartenenza al gruppo e commenterebbero le azioni di fuoco”. Così, “l’esaltazione del potere criminale del proprio gruppo unita alla pratica diffusa dell’ostentazione ricorrente fornirebbero un chiaro quadro della perversa sottocultura mafiosa con cui la camorra tenta di imporre la propria affermazione sul territorio”.

“In questa dimensione socio-culturale – rileva la relazione – non vanno sottovalutati i fenomeni di violenza urbana ad opera di bande che soprattutto nel territorio partenopeo tentano di inserirsi nelle logiche della spartizione delle piazze di spaccio e delle estorsioni. Nella relazione è stato anche rilevato un numero di rapine nei confronti dei rider aggrediti nei diversi quartieri napoletani. Nel capoluogo partenopeo, come evidenziato in più occasioni dal procuratore Giovanni Melillo, “gli equilibri criminali costituiscono sempre espressione di un più ampio progetto riconducibile a due sole organizzazioni criminali: l’Alleanza di Secondigliano e il clan Mazzarella”. In tutta la regione, inoltre, “il coinvolgimento di minori in eventi criminosi starebbe registrando una significativa evoluzione per numero e tipologia di eventi delittuosi di cui gli stessi minori risultano non solo vittime ma talvolta protagonisti per motivi derivanti dalla loro condizione sia di tossicodipendenza, sia di affiliazione a famiglie di camorra”.

Molise polo di attrazione per sodalizi criminali

Le recenti attività investigative coordinate dalle Procure molisane “confermano come nel territorio già da tempo le organizzazioni criminali abbiano trovato ampi spazi per creare articolazioni logistiche strumentali al riciclaggio di capitali illecitamente accumulati sia investendo in attività commerciali e d’impresa, sia avvalendosi di sofisticati e articolati meccanismi volti a influenzare il sistema economico e a favorire l’infiltrazione nell’economia legale”. Lo sottolinea la relazione al Parlamento della Dia per il primo semestre 2021. “In un contesto territoriale non ancora caratterizzato da una presenza stabile e strutturata di insediamenti mafiosi, continua tuttavia a rilevarsi la criticità di alcune aree.Il Basso Molise e la provincia d’Isernia – si legge nel documento – attraggono gli investimenti dei sodalizi criminali anche in misura maggiore per certi aspetti rispetto al capoluogo di Regione palesando particolare interesse rivolto al settore immobiliare, alle reti della grande distribuzione commerciale, al turismo e agli stabilimenti balneari, nonché al settore dei trasporti, delle scommesse e a quello estremamente remunerativo degli impianti eolici”.

“A conferma del monito lanciato già tre anni fa dal Procuratore Nazionale Antimafia secondo cui il Molise stava perdendo le caratteristiche di ‘oasi felice’ che l’avevano contraddistinta in passato – si prosegue nel documento – la Regione ricomincerebbe a rappresentare un polo di attrazione per le mire espansionistiche extraregionali delle limitrofe organizzazioni delinquenziali campane e pugliesi che in maniera silente cercherebbero connivenze con pregiudicati locali anche stranieri o con rom stanziali.

La mafia garganico-foggiana e le cointeressenze della mafia albanese si affiancano alle realtà criminali legate a camorra, ‘ndrangheta, cosa nostra e in tal modo il Molise presenterebbe, più di altre Regioni, la connotazione di essere il punto d’incontro fra diversi interessi economici appetibili per le consorterie criminali. Di conseguenza si registrano negli ultimi tempi significative infiltrazioni in tutti i comparti maggiormente esposti al rischio di riciclaggio di denaro di provenienza illecita quali le attività di rivendita di auto usate, di gestione dei locali notturni e delle sale giochi o quelle connesse con il settore dell’edilizia, l’acquisizione di attività commerciali, la produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua, nonché la gestione dei rifiuti e verosimilmente la fiorente green-economy”.

Il clan dei Casalesi operativo grazie a  imprenditori e funzionari pubblici

I capi sono tutti in carcere, molti esponenti di spicco sono diventati collaboratori di giustizia, eppure la camorra casertana, grazie anche all’arruolamento di nuove leve, è pienamente operativa, e ciò perché è sempre attiva “l’area grigia” formata da imprenditori e funzionari pubblici che hanno permesso ai clan per decenni di radicarsi in modo profondo sul territorio. Lo dice a chiare lettere, nella relazione semestrale riferita al periodo gennaio-giugno 2021, la Direzione Investigativa Antimafia (Dia) che ha illustrato il rapporto in Parlamento.

“L’attività dei clan dei Casalesi – si legge – continuerebbe a sussistere grazie a quegli imprenditori da sempre abituati ad avvalersi della mediazione dell’organizzazione criminale e dei consistenti capitali illeciti investiti nelle attività imprenditoriali dai sodalizi che in tal modo governerebbero direttamente ed indirettamente alcuni processi economici, interferendo spesso pesantemente anche nei meccanismi decisionali della pubblica amministrazione. Le più recenti attività investigative – prosegue la relazione – confermerebbero, infatti, l’elevata capacità di penetrazione nella cosa pubblica della criminalità casertana e in special modo quella riconducibile al cartello dei Casalesi al fine di inserire proprie aziende in comparti strategici come quelli della grande distribuzione, del ciclo dei rifiuti e della raccolta delle scommesse.

Non di rado imprenditori collegati alla criminalità organizzata interagirebbero direttamente con funzionari infedeli della pubblica amministrazione in una prospettiva di comune profitto, specialmente negli appalti per la realizzazione delle grandi opere”.Tra le cosche più attive quelle che compongono la cosiddetta “federazione” dei Casalesi, quasi tutte a base familiare e strutturate in modo da avere sempre un reggente e referenti nei vari comuni.

Tanto il clan Schiavone e quello facente capo a Bidognetti sono infatti attivi grazie a nuove leve a affiliati di secondo piano, e si occupano in particolare di estorsioni, mentre il clan Zagaria continua ad avere interessi più marcatamente imprenditoriali, come dimostra l’indagine del 2021 sul controllo di molti supermercati tra Caserta e Napoli da parte dei nipoti di Michele Zagaria; attivo anche il clan facente capo una volta ad Antonio Iovine, oggi collaboratore di giustizia, che sarebbe attualmente controllato, dice la Dia, da due fratelli.

Se i Casalesi sono operativi soprattutto nel comprensorio agroaversano e sul litorale tramite i La Torre-Fragnoli, nelle altre zone della provincia continuano ad operare clan storici come i Ligato (area di Pignataro Maggiore), gli Esposito (zona Sessa Aurunca e Cellole), i Del Gaudio (Santa Maria Capua Vetere e dintorni), i Massaro (San felice a Cancello e Arienzo) e soprattutto i clan Belforte e Piccolo, entrambi attivi a Marcianise e nei comuni limitrofi, come Maddaloni e il capoluogo Caserta; proprio qualche giorno fa sono state arrestate le “nuove leve” dei Piccolo.

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