Napoli. Parlare semplicemente di “effetto amministrative” sarebbe un errore. E’ vero il Movimento 5 Stelle il meglio di sé lo esprime alle politiche. Ma in questi anni i paladini dell’attivismo disinteressato sono diventati un partito vero e proprio, pronto a scendere a patti e stringere alleanze che un tempo sembravano impensabili.
Le cause della crisi
Le comunali di domenica hanno detto due cose: la prima è che i pentastellati sono lacerati dallo scontro per la leadership tra le varie anime del gruppo. Un gruppo che oggi si divide in almeno 3 macro- correnti (quelle che fanno capo al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, all’ex premier, Giuseppe Conte e al presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico). Un conflitto che va risolto. Il secondo dato che emerge riguarda la distanza tra il Movimento e i territori: un tema che era stato tra i punti di forza dei pentastellati all’inizio della loro avventura, spingendo il partito a superare il 30% delle preferenze. Una forza che aveva consentito ai 5Stelle di mettere le mani su città importantissime, a cominciare da Roma. La “base” locale non c’è e non basta qualche tweet o un post per azzerare le distanze.
Non bastano i bonus
E se i 5 Stelle sono crollati praticamente in tutte le principali città al voto, fa ancora più rumore il tonfo in provincia di Napoli. L’area metropolitana del capoluogo campano rappresenta la capitale del reddito di cittadinanza. Qui, dati ufficiali alla mano, si concentra il maggior numero di beneficiari del bonus anti-povertà diventato la riforma bandiera di quello che fu lo “strano” Governo a guida Lega e Movimento 5 Stelle. In provincia di Napoli i pentastellati hanno perso quasi ovunque. Unica eccezione il caso Nola dove il Movimento (con il 13% dei consensi) ha consentito al sindaco del Pd, Carlo Buonauro di conquistare la fascia tricolore. Disastro, in- vece, a Portici, dove il gruppo si è spaccato tra i “contiani” – che hanno appoggiato Aldo Agnello – e i seguaci di Di Maio, pronto a tendere una mano al sindaco uscente e mettere la firma sul plebiscito di voti messo insieme da Vincenzo Cuomo. In tutto il Sud i grillini hanno arrancato, a conferma di un trend preoccupante che non lascia ben sperare per le Politiche.
Verso le politiche
Anche perché sullo sfondo di questo tracollo elettorale si muovono anche strategie per il futuro. E le politiche del 2023, dopo il referendum e le amministrative sono ancora più vicine di quanto si possa pensare. Al momento, infatti, l’area Draghi appare troppo popolata per presentarsi a un appuntamento elettorale decisivo come quello della prossima primavera. Il centrosinistra, dunque, lavora per sfoltire il campo e trovare obiettivi comuni da portare avanti in campagna elettorale. Uno schieramento che escluda di fatto i sovranismi da un lato (leggi Lega e Fratelli d’Italia) e che punti sul sostanziale dissolvimento del patrimonio elettorale del Movimento Cinque Stelle che solo nel 2018 contava sul 34%. Una base che parte dal Pd, raccoglie le forze liberali che si trovano in Forza Italia e si allarghi a Italia Viva e Azione per chiudere il cerchio. «Che ci sono dei risultati che, per motivi ideologici, non ci vengono riconosciuti. E che, soprattutto, un campo riformista è possibile se stiamo insieme, non polemizzando ogni giorno, ma impegnando le nostre migliori energie per dare vita ad un obiettivo comune. Questa dovrebbe essere la strada da seguire nei prossimi mesi, per costruire una casa di moderati che accolga e convinca» sussurra un dirigente di Italia Viva. Una prova del nove che potrebbe arrivare anche dal voto amministrativo in alcuni comuni della provincia di Napoli dove si voterà in concomitanza con il voto per le Politiche.
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