Torre Annunziata. Tanti processi, pochi giudici, costretti ad avvicendarsi anche a dibattimento in corso, mettendo a rischio – secondo gli avvocati – gli esiti dei procedimenti penali. Questo il motivo che ha spinto i penalisti a dichiarare due giorni di astensione. Ieri e oggi niente udienze, per lanciare un segnale chiaro al Governo sui problemi della giustizia, soprattutto a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale e una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno messo a rischio il principio dell’immutabilità del giudice.
«A noi penalisti tocca, alle volte anche il compito di difendere diritti che i cittadini non sanno di avere e che incidono, invece, in maniera profonda sugli esiti di procedimenti penali, indirizzandoli, il più delle volte ed in modo irrimediabile, verso epiloghi nefasti», spiega l’avvocato Renato D’Antuono, presidente della Camera Penale di Torre Annunziata.
«Siamo di fronte a continui e costanti avvicendamenti dei giudici all’interno di un medesimo processo, che rendono sempre meno frequente l’applicazione della regola, logica prima che giuridica, secondo la quale è solo il giudice che ascolta il testimone, la persona offesa o il “pentito”, a dover giudicare – spiega il presidente D’Antuono – Come tutti possono intuire, infatti, le dichiarazioni di un soggetto non si risolvono unicamente in ciò che dice, risultando evidentemente necessario porre attenzione anche alle modalità del racconto. E’ evidente, infatti, che l’ascolto diretto di un testimone ne evidenzia anche i tratti paralinguistici, gli atteggiamenti e, in generale, tutto il corredo espressivo che connota la dichiarazione, tutti elementi che andrebbero inevitabilmente persi nella redazione di un verbale». Il presidente della Camera Penale di Torre Annunziata sottolinea l’importanza del principio dell’immutabilità del giudice e anche dell’intervento legislativo del 1988 che servì a garantire che la prova si formasse nel dibattimento, in contraddittorio tra le parti processuali, dinanzi ad un giudice terzo ed equidistante dalle ragioni di accusa e difesa. «Ed è proprio per assicurare la tenuta del sistema e la sua reale efficacia che risulta essenziale garantire la difesa del principio di “oralità – immediatezza” nella raccolta della prova, da cui discende che questa si formi “oralmente” dinanzi alle parti e in via “immediata”, cioè dinanzi al giudice che deve decidere il caso, in assenza di qualsiasi mediazione tra il soggetto che raccoglie la prova dichiarativa e quello che decide – spiega l’avvocato Renato D’Antuono – Oggi, assistiamo costantemente alla più palese inosservanza di questi principi. Lo sciopero è necessario per difendere strenuamente, prima ancora che i diritti degli imputati nelle aule di giustizia, le regole stesse del processo dagli attacchi di chi intende sacrificare i diritti di ognuno di noi, sull’altare della produttività e dell’efficientismo».