Vico Equense. Era il 1952, e per la realizzazione della sequenza introduttiva del primo film italiano girato a colori, diretto da Steno e con il Principe Antonio De Curtis, veniva scelta come ambientazione una delle città più identificative del mezzogiorno del nostro paese, Vico Equense: così nasceva “Totò a colori”.
L’innovativo progetto prodotto da Dino De Laurentis, incontrò notevoli difficoltà, poiché la sensibilità della pellicola, a differenza del bianco e nero, era molto bassa, e di conseguenza gli attori hanno dovuto recitare sotto luci molto forti e con alte temperature.
La quasi totale assenza di una sceneggiatura, inoltre, da sempre fattore secondario per la vis comica dell’attore napoletano, lasciava tutto in mano alle esagitazioni, alle mimiche, all’interloquire paradossale del genio incompreso, nel film come personaggio, e fuori dal set come artista.
Il film è una raccolta degli sketch più esilaranti scritti da Totò con Michele Galdieri, come l’indimenticabile scena di Totò marionetta, o quella ambientata a Capri, come ricorda anche la nipote, Elena De Curtis, ospite del Social World Film Festival, impegnata a realizzare il desiderio di fondare un museo interamente dedicato al Principe della comicità napoletana, battaglia che sua madre Liliana ha portato avanti per oltre 20 anni. Il Social World Film Festival ha quindi deciso di ricordare i 70 anni del film, con un omaggio ad Antonio e Liliana De Curtis, da poco scomparsa, alla presenza della nipote Elena, intervenuta il 4 luglio al salotto cinematografico serale condotto da Roberta Scardola, all’Arena Loren del Piazzale Giancarlo Siani, dove lo scrittore e critico, Ignazio Senatore, ha premiato l’attore e regista teatrale, Mario Autore, per il suo debutto come attore protagonista in “I Fratelli De Filippo” (2021), di Sergio Rubini.
All’Arena Loren, è stato infine accolto Peppe Lanzetta, che ha condiviso il red carpet con uno dei volti protagonisti del suo nuovo progetto. Il noto attore, scrittore e sceneggiatore napoletano, celebre per “L’amore molesto” (1995) di Mario Martone, “007 Spectre” (2015), e dell’ultima produzione Rai “Mina Settembre” (2021), è stato invitato dal Direttore artistico del festival, Giuseppe Alessio Nuzzo, per presentare le prime immagini del suo nuovo lavoro cinematografico, il docufilm “Oltre il vuoto”, nell’Arena Fellini della Santissima Trinità e Paradiso.
Il progetto è nato “dal bisogno di dare voce a qualcosa che facesse capire che non tutti quelli che vengono catalogati come brutti, sporchi e cattivi, sono poi veramente brutti, sporchi e cattivi”.
Anche grazie alla collaborazione di Alessandro Bergonzoni e di Jorit, che hanno raccontato a loro modo il bisogno di appartenenza “a qualcosa che non fosse main stream”, nel docufilm è stato possibile affrescare un quadro surreale, grottesco, irreale e a tratti comico, della vita di persone comuni che altrimenti non avrebbero avuto modo di raccontarsi, con la speranza di accendere i riflettori su temi scomodi, segnalando una lotta di classe anche nell’arte.
Riguardo allo sfondo sociale del festival, Peppe Lanzetta afferma che, in risposta al bisogno dell’uomo, emerso durante la pandemia, di essere un “animale sociale”, il compito del cinema italiano, dopo anni di incertezze, è quello di ritornare a occuparsi di temi sociali, perché, citando le parole dell’attore, “noi siamo gli altri, siamo quello che sentiamo, quello che vediamo”.
E in riferimento al titolo del suo progetto, spiega che “Il vuoto creato dalla società, può essere colmato solo dall’esserci, dal ritrovarsi, dal condividere. Bisogna riappropriarsi di un’appartenenza comune, Napoli come le banlieues di Parigi, come Tokyo o Berlino, ma non bisogna identificare un luogo, perché non è raccontata una periferia urbana, ma dell’anima, come nel grande cinema di Pasolini, De Sica, Monicelli o Rosi”.
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